Circe e la riscrittura di un personaggio femminista
Circe è l’ennesimo regalo della penna di Madeline Miller, ed insieme a La Canzone di Achille, amplia la visuale sulle storie più celebri dell’antichità.
Secondo Le Monde, Miller dona ad Omero una nuova magia, ed è proprio il caso di ammettere che la lettura si fa sempre più intensa e in grado di rapire il lettore pagina dopo pagina.
A dimostrarlo non è soltanto il fatto che si tratti di un bestseller, ma anche la ricorrente pubblicità che del libro viene offerta dai più giovani.
Sarà senza ombra di dubbio il fascino della maga omerica che consente di avvicinarsi alla tradizione classica attraverso una scrittura che si pone come riscrittura di qualcosa che in parte conosciamo, ma anche il suo accostamento ad un’attualizzazione in chiave femminista.
Infatti Circe non è solo il personaggio tenebroso e dal carattere complesso che le ore di letteratura scolastiche ci hanno trasmesso: ora vengono indagate a fondo le ragioni del suo essere così apparentemente impenetrabile.
Generalmente si ricorda solo il noto evento dell’aver trasformato in maiali i membri dell’equipaggio che accompagnava Odisseo, di cui la maga si innamora.
Nata come ninfa, dunque divinità minore, dal dio del sole Elios e dalla ninfa Perseide, viene esiliata per l’eternità sull’isola di Eea – a sud di Roma – e condannata alla solitudine, è qui che impara ad affinare la sua sensibilità.
Circe riesce a padroneggiare una magia che le consente di esercitare la sua indipendenza, di comunicare con bestie selvatiche e di addomesticarle, di sfruttare al meglio le piante.
Qui scopre la potenza dei pharmaka, pozioni ottenute da erbe, che la aiutano a tramutare in animali le persone e scopre suo malgrado la violenza, anche sessuale, di cui gli uomini sono capaci.
Ed è a questo punto che prende forma l’interpretazione femminista della narrazione, in primis per l’allontanamento della donna da quello che è un ambiente ostile, disfunzionale, che la rende quasi una ribelle impavida ed in grado di cavarsela su un’isola deserta.
In secondo luogo la trasformazione simbolica in animale dell’uomo violento è un espediente per rivendicare non solo i poteri magici, ma anche la capacità ed il dovere di difendersi.
Proprio l’indomita esigenza di rimarcare la propria dignità, dopo essersi sentita “l’esclusa”, il diverso del mondo degli dei, ci fa percepire una Circe non unicamente maga, ma con tratti umani e sospesa tra i due mondi.
Fa della solitudine, non la sua condanna, bensì la sua forza e da essa si muovono le sue azioni.
Attorno alla figura principale, ruotano gli altri personaggi – non tutti negativi come quelli puniti – che ci consentono di indagare quegli aspetti che Omero aveva lasciato nell’ombra, come la nostalgia o le passioni della maga.
Circe fa da anello di congiunzione tra una realtà frenetica che chiede alla donna di stringere i denti e non lasciarsi calpestare ed i testi epici, magari impolverati, che non aspettano altro che essere ripresi.
Buona lettura!
Alessandra De Paola