La Cappella Piccolomini: l’arte fiorentina trapiantata nel cuore di Napoli
La Cappella Piccolomini, realizzata da Antonio Rossellino, si trova nella chiesa di Sant’Anna dei Lombardi situata in pizza Monteoliveto.
Fu concepita nel 1460 circa, quando morì Maria d’Aragona, figlia naturale di Ferrante e moglie di Antonio Piccolomini duca d’Amalfi.
Antonio Rossellino lavorò alla Cappella per intercessione di fra Bartolomeo da Firenze, superiore di San Miniato.
Antonio Rossellino, pseudonimo di Antonio Gamberelli, è stato uno scultore italiano, chiamato Rossellino a causa del colore dei suoi capelli. L’artista realizzò la Tomba del cardinale del Portogallo in San Miniato al Monte a Firenze.
Non a caso, nella Cappella Piccolomini si può osservare la replica del disegno e l’impianto che troviamo nella cappella di San Miniato a Firenze.
Rossellino ripropone l’altare marmoreo, la tomba monumentale e una seconda tomba, in forma di sediale; recupera perfino la preziosità del pavimento.
Probabilmente, proprio come nella Cappella di San Miniato a Firenze, anche nella napoletana, precisamente nella cupola, si trovavano cinque tondi in terracotta invetriata. Attualmente quattro tondi invetriati – raffiguranti i quattro Evangelisti – sono situati nei pennacchi della cupola della Cappella Tolosa.
Nel 1778, nella sagrestia vasariana si registrava un altro medaglione – ora perduto – che, forse, insieme a quattro medaglioni ornavano, appunto, la Cappella Piccolomini proprio come avviene nella cappella fiorentina.
Entrando nella cappella subito balza all’occhio l’ampio arco d’accesso, decorato con formelle marmoree a rilievo.
Di fronte all’arco d’ingresso, possiamo osservare, invece, il rilievo rappresentante la Crocifissione di uno scultore piacentino Giulio Mazzoni.
Sulla parete destra vi è il trittico quattrocentesco anonimo con la Resurrezione di Cristo e, nei laterali, San Nicola e San Sebastiano: attribuiti al pittore palermitano Riccardo Quartararo.
Lungo la parete destra, invece, si può notare il quattrocentesco sedile di marmo con alta spalliera scandita da quattro lesene entro le quali sono posti elementi decorativi intarsiati in marmo verde, rosso e bianco. Più in alto si trova un prezioso affresco, raffigurante l’Annunciazione.
La parete sinistra della cappella, viceversa, è occupata dall’imponente complesso architettonico e scultoreo della tomba di Maria d’Aragona, morta nel 1470 a diciotto anni.
Antonio Piccolomini, per la costruzione dell’erezione del monumento sepolcrale, si rivolse agli Olivetani di San Miniato al Monte affinché gli indicassero un artista degno d’impresa. La scelta ricadde naturalmente sullo scultore fiorentino Antonio Rossellino. Questi lavorò alla Cappella del Duca d’Amalfi fino al 1479, quando morì; successivamente i lavori furono affidati a Benedetto da Maiano, che li portò a termine solo nel 1491-1492.
Il sepolcro è collocato in un vano poco profondo, delineato dall’arco decorato a riquadri marmorei. Si compone da un sarcofago di foggia classica, posto su un alto zoccolo con rilievi allegorici, sul quale è adagiata la figura della gisante – una scultura funeraria dell’arte cristiana raffigurante un personaggio sdraiato – accompagnata da due putti.
Nella parte alta, tra due angeli, è collocato il rilievo con la Resurrezione di Cristo e la Madonna con Bambino in una ghirlanda sostenuta da altri due angeli in volo; questi, insieme all’angelo inginocchiato di sinistra, sono attribuiti a Maiano.
Infine possiamo notare l’altare, anche questa è opera di Rossellino, affiancato da Matteo del Pollaiolo, eseguita contemporaneamente al sepolcro che le sta a accanto, intorno al 1475.
L’altare, in marmo bianco, presenta al centro la Natività con, ai lati, tra lesene, Sant’Andrea e San Giacomo con busti di Profeti e, in alto, putti che reggono festoni; l’opera risulta molto morbida, nel modellato dei putti, e intensa, nei volti dei Santi e dei Profeti.
L’artista riprende anche una tecnica donatelliana risorgimentale lo stiacciato.
Il termine “stecciato” viene usato dagli artisti del Rinascimento per indicare, in scultura, quella specie di rilievo bassissimo che intende dare una riduzione in prospettiva del volume reale dei corpi, conseguendo così un valore pittorico.
Questa tecnica, infatti, esalta i contorni delle figure che adorano il Bambino.
Grazie a questa preziosa Cappella, l’arte fiorentina viene trapiantata nel cuore di Napoli e possiamo ancora oggi osservarla nella suggestione quattrocentesca che è riuscita a persistere anche dopo agli interventi di ripristino successivi ai bombardamenti del ’44.
L’opera d’arte ripugnando la distruzione della guerra,
pulsa nelle arterie della città,
ribollendo ancora
ai nostri occhi.
Federica Auricchio
Vedi anche: Il fascino della Cappella degli Scrovegni