La serenata: tra amori e tormenti
Se vi trovate a passare la notte in un paese del sud Italia e vi capita di sentire una musica in lontananza, probabilmente si tratta di una serenata, ovvero un concerto eseguito dal promesso sposo – sotto il balcone della propria amata – la notte che precede le nozze.
Si ‘sta voce te scéta ‘int”a nuttata,
mentre t’astrigne ‘o sposo tujo vicino
Statte scetata, si vuó’ stá scetata,
ma fa’ vedé ca duorme a suonno chino….
Questo è proprio l’inizio di una serenata famissima – “Voce ‘e notte” scritta da Nicolardi e musicata da De Curtis – che però racconta una storia d’amore disperata, il poeta canta, infatti, “Tutt’ ’o turmiento ‘e nu luntano ammore, tutto ll’ammore ‘e nu turmiento antico”, cioè un amore che non è possibile vivere proprio perché la sua amata è già sposata.
Vi starete chiedendo sicuramente come sia possibile, la serenata non è cantata dal promesso sposo? Come fa questa donna ad essere già sposata?
Avete ragione, per ora vi ho solo detto che la serenata, nel sud Italia, è un’usanza dove il futuro marito dedica delle canzoni, accompagnato da dei musicisti, alla sua amata.
Dovete sapere, però, che la parola serenata si è evoluta nei secoli e, quindi, raccoglie diversi significati.
In passato il termine serenata fu incorrettamente associato alla sera. Questa etimologia influenzò a lungo l’interpretazione della parola, infatti, nasce nel medioevo proprio come genere informale ed era proprio una composizione di stile semplice e sentimentale, accompagnata da strumenti a corde pizzicate, come la chitarra e il mandolino – sempre di notte – per una persona che deve essere onorata.
Quindi non solo per la futura sposa, poteva essere chiunque il destinatario e non solo nelle stradine di Napoli, Catanzaro o Palermo ma anche nell’opera.
Sì, avete capito bene, anche nella musica classica.
Il più famoso esempio è la serenata presente nel Don Giovanni di Mozart.
Ma ancora più vicina alla accezione che abbiamo noi oggi, è quella inserita nell’opera musicale di Pietro Mascagni Cavalleria Rusticana; cioè la serenata siciliana che Turiddu, accompagnato solo dall’arpa, intona per Lola.
Cantata a sipario chiuso, questa melodia ci porta immediatamente in Sicilia.
Sono le prime luci dell’alba è ancora notte, si sente Turiddu che è tornato dal servizio militare, quindi ha già vissuto il suo amore lontano per la bellissima Lola che, però, stanca di aspettare, ha preferito sposarsi con Alfio e perciò Turiddu intona queste dolcissime note.
Biato cui ti dà lu primu vasu!
felice chi ti darà il primo bacio!
e non mi importa se ci muoio ucciso…
se vado in paradiso se non ci trovo te,
io neppure ci entro.
Passiamo ora al periodo barocco, dove la serenata era una cantata drammatica rappresentata all’esterno, su un piccolo palcoscenico, di sera. Era un connubio tra una cantata e un’opera. Proprio come quella che abbiamo già visto nell’articolo precedente. (Venere e Adone: un viaggio tra le arti)
Infine, durante il periodo classico e romantico, si diffuse la serenata come genere classico, veniva suonata da un ampio gruppo di strumenti in più movimenti con una successione e un ordine prefissato.
Chiudo questo percorso sulla serenata lasciandovi perdere nel bosco descritto nella mia “Ständchen” preferita, composta da Schubert.
Lasciatevi immergere tra natura e inquietudini, dimenticandovi.
Cosicché possiate ritrovarvi.
Federica Auricchio
Vedi anche: Tammurriata nera: racconto in musica del dopoguerra