Luca Iavarone padrino della prima serata del Festival Ceci n’est pas un blasphème
Dopo anni di organizzazione e mesi di trepidazione per l’attesa, finalmente ieri, 17 settembre, si è aperta al PAN la mostra gratuita Ceci n’est pas un blasphème.
Il Festival delle Arti per la libertà di espressione contro la censura per motivi religiosi diretto da Emanuela Marmo, prevede una serie di eventi fino al 30 settembre, dislocati tra il Centro culturale Asilo Filangieri e il Lanificio25.
Durante questi incontri, i numerosi artisti che partecipano al Festival si esibiranno in performance di vario genere sul tema della censura (concerti, proiezioni, pièces teatrali), presentando la propria arte e le motivazioni che li hanno spinti ad aderire all’iniziativa.
Nel primo appuntamento, tenutosi ieri sera alle 21 presso l’Asilo, Luca Iavarone ha condotto un talk show blasfemo in cui ha incontrato e intervistato i partecipanti al Festival. Una prima serata ricca di emozioni, di momenti di riflessione e di esibizioni coinvolgenti in un clima vivace e accogliente.
Recupera la gallery con le foto della serata inaugurale!
Terminato lo show abbiamo assaltato Luca in perfetto stile condor e lo abbiamo costretto, ovviamente sotto minaccia, a rilasciarci qualche dichiarazione.
N.d.R. Tranquill*, nessuno è stato realmente maltrattato!
Piccola parentesi: se il nome di Luca Iavarone non dovesse risultarvi familiare, ricordiamo che è attualmente il direttore creativo di Ciaopeople (Fanpage.it). Il suo impegno artistico e divulgativo, sin dagli esordi della sua carriera come musicista e compositore, è stato sempre volto alla satira e alla denuncia sociale.
Iavarone si serve dei linguaggi dei media per risvegliare coscienze e sdoganare tabù, tra cui proprio quelli religiosi. Come si legge sul sito ufficiale del Festival «Luca sostiene apertamente la battaglia per l’abolizione dei reati contro la blasfemia ed è convinto sostenitore della libertà d’espressione».
Da questa breve descrizione e da quanto leggerete nell’intervista, non farete fatica a capire quanto Luca sia impegnato nella difesa della libertà e le ragioni per le quali abbia accettato con entusiasmo la proposta della direttrice di Ceci n’est pas un blasphème.
Diamo spazio alle sue parole.
«Sono molti anni che seguo la Chiesa Pastafariana, finché non sono stato “pastezzato” dall’ex papessa Emanuela Marmo col nome di Suffritt. Da lì in poi è stata una crescita esponenziale, perché ho partecipato a tante manifestazioni pastafariane. Ho preso parte spesso e volentieri anche al Pride, salendo sul carro pastafariano. Quindi, nel momento in cui Emanuela mi ha chiesto di coadiuvarla nella presentazione del Festival delle Arti censurate, non potevo di certo sottrarmi.
È stato un anno di duro lavoro, tra telefonate, speranze, pianti e orgoglio che ci hanno portato fino a questa manifestazione che dà l’avvio alla mostra al PAN che secondo me rimarrà nella storia.
Io spero che diventerà un’occasione biennale, come è nell’intento degli organizzatori, per far sì che Napoli sia centrale nel discorso sulla libertà d’espressione, al fine di scongiurare qualsiasi tipo di censura delle arti e della satira. Spero che grazie a questo impegno, nato all’interno della campagna Dioscotto, la nostra città possa veramente diventare un polo attrattivo per questo tipo di manifestazione libertaria. Grazie allo spirito di sacrificio e al coinvolgimento entusiasta di Emanuela il primo tassello in questa direzione è stato messo.»
Quindi nei vostri programmi c’è l’idea di una manifestazione a cadenza biennale?
«Cominciamo a vedere come andrà la manifestazione quest’anno – speriamo bene – e poi pensiamo se e come arrivare ad una seconda edizione del Festival tra due anni.»
Come è andato questo primo giorno?
«Il primo giorno è stato molto emozionante tra l’inaugurazione della mostra e l’incontro dal vivo con tutti gli artisti. È stato bellissimo poterli intervistare, perché è nell’intervista che si trova il giusto compromesso tra empatia e divulgazione…che poi è quello che cerco sempre di fare io nel mio lavoro.»
Luca permettimi una curiosità: come avete fatto a trovare questo gruppo eterogeneo di artisti?
«Ci è riuscita Emanuela attraverso un lavoro di quattro anni che è andato avanti studiando, scrivendo e pubblicando sul tema delle censure fatte agli artisti, alla pubblicità commerciale e alla cultura di massa legate a ragioni religiose, che riguardassero la blasfemia, il vilipendio della religione o, in maniera ancora più subdola, l’offesa del sentimento religioso.»
Ringraziamo Luca Iavarone per l’intervista e adesso passiamo la palla a voi: siete pronti a diventare un centro di propulsione per la libertà espressiva?
Link utili: – Date e programma dell’evento
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Giusy D’Elia
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