Intervista agli Agosto sulla Luna, la band napoletana giunta a Sanremo Rock!
La band napoletana, formatasi nel 2017, è composta da: Mario Senese (cantante e chitarrista), Alessandro Carbone (batterista), Roberto De Luca (bassista), Luca Caiazzo (chitarrista), Roberto Ziaco (tastierista) e Valeria Esposito (cantante).
I componenti del gruppo si sono raccontati al nostro magazine:
Ciao Agosto sulla Luna! Com’è nato il vostro gruppo musicale? Vi va di raccontarci i vostri primi passi insieme?
«Gli Agosto sulla Luna nascono nel 2017 dall’idea creativa del cantante e chitarrista Mario Senese e della sezione ritmica di Alessandro Carbone e Roberto De Luca, rispettivamente batterista e bassista. Prima di essere una band, prima di essere un progetto musicale, gli Agosto sulla Luna sono un gruppo di amici che condivide lo stesso paradigma: fare cultura con la musica».
Non solo avete partecipato a Sanremo Rock, ma lo avete fatto dopo un periodo tremendo: il primo lockdown. Com’è stata l’esperienza di Sanremo?
«È stata senza dubbio un’esperienza sorprendente, che ci ha presi e coinvolti in un turbinio di eventi inaspettati. L’idea di iscriverci a Sanremo Rock è nata per gioco, su iniziativa del nostro bassista, Roberto De Luca. Dopo mesi di attesa non potevamo immaginare che di lì a poco ci saremmo trovati primi in classifica alle regionali, tenutesi a Salerno, e poi in finale, a suonare tutti insieme sul palco dell’Ariston di Sanremo.
Dopo il periodo lungo e turbolento della pandemia, durante il quale abbiamo vissuto lontani e a digiuno dalle esibizioni live, tendenzialmente demotivati, la finestra di Sanremo ha portato con sé un vento nuovo, una rinnovata energia che ci ha spinti a comporre nuovi brani e rimetterci in gioco. L’esibizione delle regionali è stata la prima in assoluto con la formazione attuale, un debutto non tranquillissimo. Tuttavia, l’emozione di intraprendere un’esperienza del genere tutti insieme ha avuto la meglio e le soddisfazioni non hanno tardato ad arrivare, con elogi e riconoscimenti da parte della giuria.
Inutile dire che un’esperienza così inedita e impegnativa come l’esibizione al teatro Ariston, ci ha coinvolti particolarmente sul piano emotivo, con un sano livello di tensione. Nonostante questo, la parte migliore di tutto il capitolo Sanremo è stata l’incontro e lo scambio con tutte le altre band che hanno preso parte al contest.
Non ci aspettavamo un confronto così intenso con tutti gli altri partecipanti, ma grazie al Mamely, locale nel cuore della città, che organizzava Jam sessions tutte le sere, abbiamo legato con molte altre realtà culturali, aprendoci a nuove collaborazioni. Per noi come gruppo, come collettivo, sicuramente questa esperienza ci ha rafforzati e motivati rendendoci più consapevoli dell’impegno che ci attenderà nei prossimi mesi».
Qual è la vostra idea di musica, e quanto conta la cultura nelle vostre canzoni?
«La musica per noi è prima di tutto aggregazione. Le nostre canzoni nascono da momenti di condivisione, dalla collaborazione di tutti. L’energia che impieghiamo nella fase creativa cerchiamo, poi, di trasmetterla al pubblico durante le esibizioni dal vivo. Affrontiamo temi che senza presunzione ci interessa indagare, dai sentimenti umani quali l’amore, l’amicizia, la rabbia, la paura, a tutto ciò che riguarda i rapporti umani. Cerchiamo di trattare questi temi sempre con un approccio critico, separandoci dall’immagine opaca e fittizia della narrazione contemporanea.
«Ogni persona è un articolo, il cui valore è rappresentato dalla sua personalità, con cui si intendono quelle qualità che ne fanno un buon piazzista di se stesso; la presenza, l’educazione, il reddito e la possibilità di successo. Ogni persona tende a scambiare questo articolo contro il miglior prezzo esigibile». Questa frase del celebre psicologo Erich Fromm è stata l’ispirazione principale per la composizione di Ed io non so, brano del nostro EP Selfie, che cerca di fare un’analisi della società contemporanea, in particolare delle relazioni sentimentali, connotate da una deriva individualistica e narcisistica in un’alternanza ciclica tra parte debole e parte forte, al termine della quale, però, non ci sono né vincitori né vinti».
Il vostro secondo EP ha come temi principali il conformismo e l’alienazione. Come avete affrontato questi temi nelle vostre canzoni?
«Per rispondere a questa domanda vogliamo citare Vittorio Sgarbi, in una sua celebre frase: «il selfie è l’istantanea di un pirla che immortala la propria vanità». Il nostro primo EP si intitola Selfie nell’obiettivo dell’album di indagare insieme gli effetti delle forme di intrattenimento alienate, svuotate di ogni contenuto umano.
In una società alienata è sempre più frequente il ricorso a forme di intrattenimento artificiali ed alienate. I social media rappresentano, forse, l’aspetto più emblematico di questa alienazione. Attraverso questa vetrina ognuno di noi cerca di proporre l’immagine migliore di sé e non importa per quanto veritiera possa essere, l’importante è riuscire a vettorializzare al meglio i suoi contenuti.
Non vogliamo indossare le vesti delle anime antiche e sentimentali dall’occhietto critico e giudizioso sulla decadenza. Il contenuto dei testi trae sempre ispirazione dall’esperienza personale, dal momento che percepiamo sulla nostra pelle il peso della massificazione e del conformismo. Nel brano Intercambiabili affrontiamo proprio il tema del conformismo come strumento attuato dall’autorità anonima ed invisibile.
Rispetto al passato l’autorità del ventesimo secolo ha mutato il suo carattere, non si presenta più come autorità manifesta, visibile o identificabile come era ad esempio durante il fascismo. Non si sa più chi ordina e chi vieta: il padre, il padrone, il maestro, il re, l’ufficiale il sacerdote. Oggi l’autorità si presenta come anonima, invisibile, alienata».
Vi ispirate a qualcuno in particolare?
«Tendiamo a comporre in maniera intuitiva, i nostri suoni derivano da sperimentazioni di gruppo e dalla fusione delle idee dei singoli. Non ci definiamo appartenenti a un genere specifico, rientriamo nell’indie-rock, ma la nostra musica è contaminata da più generi. Per quanto riguarda i testi ci ispiriamo al cantautorato, la parola assume il ruolo dominante e corrisponde all’identità stessa del gruppo come progetto culturale».
Com’è stato esibirsi al Teatro delle arti di Salerno, quest’anno, e vincere la competizione?
«Come precedentemente accennato non ci aspettavamo neanche la metà di quello che ha significato per noi partecipare a Sanremo Rock. Alle regionali di Salerno, tenutesi al Teatro delle Arti il 26 giugno 2021, eravamo primi in scaletta e partecipavamo in gara con altre 66 band campane.
Abbiamo aperto con Ed io non so, seguita da Curami l’anima, brano del nostro secondo EP America, pubblicato recentemente su Spotify. Si percepiva già alle regionali il tono della competizione, ma essendo la primissima esibizione dopo i lockdown, ci siamo goduti il palco e abbiamo portato a casa una buona performance. La giuria ci ha menzionato in particolare per la profondità dei testi, e arrivare primi ci ha sorpreso ed emozionato.
Tuttavia, come abbiamo detto, noi nasciamo e restiamo prima di tutto un gruppo di amici, e ciò che è rimasto della giornata a Salerno è stato il dopo-festival, il momento in cui ci siamo trovati tutti insieme a festeggiare il traguardo raggiunto, abbracciare insieme la voglia di andare avanti, di sottoporci a prove sempre più ardue e superarci ogni giorno.
Nessuno di noi si sarebbe aspettato l’evoluzione dell’ultimo anno, né possiamo sapere le modalità in cui, da qui in poi, cresceremo e cambieremo, quante volte dovremo accettare fallimenti ed errori e ripartire da tela bianca. In ogni caso condividiamo l’obiettivo di unire le capacità dei singoli e porle a servizio del gruppo, per spostare l’asticella sempre più in alto, migliorare conservando la spontaneità e l’autenticità del processo creativo, portando avanti quello che vogliamo comunicare».
E noi ci auguriamo che gli Agosto sulla Luna continuino a comunicare, con grinta e passione!
Aurora Scarnera
Foto copertina dal profilo ig @agostosullaluna_official
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