Storia del regista Keywan Karimi
Durante la terza giornata del Ceci n’est pas Blasphèm le tematiche affrontate sono state abbastanza forti soprattutto per tutto ciò che riguarda la censura cinematografica e la blasfemia .
In Italia chiunque commetta reati di blasfemia all’interno di proiezioni cinematografie è punito con un lecito amministrativo sanzionabile da euro 51 a euro 309 come si può leggere nell’articolo 724 del codice penale.
In Iran è assolutamente vietato commettere reati di blasfemia e protesta contro il regime e soprattutto divulgarli in cortometraggi e lungometraggi soprattutto se indeboliscono o offendono Allah, l’autorità suprema, il Dio della religione islamica o accrescono il senso di protesta contro lo stato
La storia che vi racconto è molto toccante e riguarda il regista Keywan Karimi arrestato nel 2013 con l’accusa di “propaganda contro il governo” e “insulti ai valori religiosi.
Keywan Karimi è un regista di soli 31 anni curdo-iraniano e viene arrestato il 14 dicembre del 2013 nella sua abitazione. Già segnalato alle guardie rivoluzionarie come persona da “bloccare” e “malgradita” per il suo documentario dal nome “Writing on the city” che mostra attraverso i graffiti sui muri dell’Iran i suoi cambiamenti dalla caduta dello Scià nel 1979 alla rielezione di Mahmoud Ahmadinejad nel 2009, durante l’arresto a Karimi si fa trovare in possesso di un hard-disk che lo condannerà in futuro.
Il 26 dicembre 2013 viene rilasciato su cauzione dopo tredici giorni di isolamento senza sapere il motivo dell’arresto e senza aver visto neanche un avvocato. Viene poi richiamato a processo due anni dopo esattamente il 13 ottobre del 2015 e condannato a sei anni di carcere per “insulto alle figure sacre dell’islam”.
Causa della condanna? Un video musicale inedito mai messo in rete trovato nel hard-disk sottratto al regista.
Viene rilasciato il 19 aprile scontando solo un anno della condanna perché i cinque restanti vengono “sospesi” ma la sua è una libertà precaria.
Alla sua condanna viene aggiunta un ulteriore pena inflitta in primo grado di 223 frustrate per una “reazione illecita” cioè aver stretto la mano ad un’amica che aveva il viso e collo scoperti, la sua vita è un continuo attendere la pena e la decisione di un giudice di confermare e finire la condanna.
Karimi continua la sua vita e il suo lavoro di regista anche con la condanna dietro l’angolo. Il suo ultimo lavoro “Drum”, uscito nel 2016 e arrivato in Italia, è stato presentato alla Settimana della Critica di Venezia ma lui non è potuto intervenire proprio perché pendeva questa condanna. È stato intervistato ed ha dichiarato il suo amore per l’Iran con queste parole: «Amo l’Iran, se quelli come me se ne vanno, chi resterà a ricostruirlo? Credo di dover rimanere nella mia terra malgrado i suoi problemi, e lavorare per migliorare le condizioni di tutti»
Ada di Domenico
Fonte immagine: nexsys.it
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