Come non omologarsi: voglia di differenziarsi e paura di farlo
Non esiste età specifica, non esiste un giorno prestabilito, non esiste un momento esatto per non sentirsi all’altezza, non sentirsi abbastanza per gli standard imposti dalla società che ci circonda.
Diciamolo pure, la fragilità e la diversità sono due parole che ci hanno sempre fatto credere sbagliate.
Ma perché?
Facciamo un passo indietro.
Nel 1956 lo psicologo sociale polacco Solomon Asch ideò un esperimento attraverso il quale dimostrò come l’essere parte di un gruppo sia una condizione sufficiente per modificare le proprie azioni e di sentirsi conformi agli altri anche andando contro le proprie percezioni e i propri giudizi.
Nell’esperimento in questione un soggetto è portato in una stanza insieme ad altre persone, degli attori già precedentemente istruiti su come comportarsi. Asch mostra un’immagine con tre linee numerate e chiede ad ogni persona nella stanza di identificare la linea più lunga. Gli attori hanno risposto per primi scegliendo appositamente la linea sbagliata, facendo quindi un errore palese. I risultati hanno mostrato che il 32% dei soggetti ha dato risposte ovviamente sbagliate dimostrando come le persone tendano a conformarsi al gruppo nonostante il loro giudizio sia differente.
L’esperimento mostrato da Asch è sempre del tutto attuale.
Oggi succede molto spesso (a chi non è mai capitato?) di farsi sopraffare dalla maggioranza, dalle opinioni comuni, da criteri ritenuti corretti e che vorrebbero cucirci addosso come se fossero nostri.
Dare sempre il massimo oltre il limite delle proprie possibilità, bruciare i tempi, le tappe, diventare qualcuno da ammirare perseguendo degli ideali che nemmeno ci appartengono.
Impeccabile, eccezionale, irreprensibile. Essere in possesso di questa triade è la chiave di svolta per essere ammirabili, irraggiungibili.
Ma quanto costa a livello personale mantenere un’immagine sempre “socialmente rispettabile”?
Non rispettare se stessi e i propri tempi porterà inevitabilmente ad una lenta e profonda insoddisfazione per la sensazione di non sentirsi abbastanza, ad una perdita della propria autostima e identità per compiacere quella voluta da altri. Adattarsi alle abitudini di un gruppo di certo non migliorerà la propria condizione sociale, anzi, si rischierà di annullare totalmente se stessi, spersonalizzandosi del tutto.
In uno dei suoi scritti Modernità liquida, il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman conia il termine “società liquida”. Che cosa significa esattamente?
Baumann sostiene che qualcuno di meno fortunato, all’interno della propria società, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma tenderà a sentirsi profondamente ferito se non riesce ad adeguarsi agli altri, cioè non sentirsi accettato nel ruolo di consumatore. Quindi, in una società che vive per il consumo, tutto diventa merce, incluso l’essere umano.
Un’immagine eticamente corretta ci suggerisce come essere produttivi e costanti sia la chiave di svolta, come se non ci fossero ostacoli, come se sentirsi fragili fosse una colpa.
Le nuove generazioni sono sicuramente le vittime predilette di questo circuito senza fine.
Sarebbe giusto insegnare ai più giovani che inseguire canoni di perfezione non è il fine ultimo di ogni cosa, primeggiare sui social non resterà per sempre il fulcro delle loro giornate. Siamo unici e irripetibili (e perché no, creature meravigliose!), inseguire i propri ideali è un valore aggiunto e non una perdita tempo. Tutto richiede sempre una buona dose di pazienza miscelata ad una giusta voglia di emergere senza imporsi sugli altri, dando come risultato una condivisione continua di pensieri e sogni.
Ahimè, gli ostacoli esistono e bisogna conviverci. Non sempre i nostri tempi saranno ritenuti giusti o le nostre passioni corrette, ma non omologarci agli altri è il dono più grande che possiamo fare a noi stessi! Oggi più che mai meritiamo di sbagliarci e ribellarci, di levare un urlo di battaglia, di stravolgere un mondo che ci vorrebbe deboli per manipolare il nostro tempo.
Come disse il buon saggio Seneca “Il nostro primo dovere è di non seguire, come fanno gli animali, il gregge di coloro che ci precedono.”
Annarita Guglielmo
Vedi anche: La socialità ai tempi della pandemia – Un nuovo sguardo d’insieme