David LaChapelle: Il fotografo pop in una mostra site-specific al Maschio Angioino a Napoli
David LaChapelle è il fotografo “figlioccio” di Andy Warhol che ha immortalato le più grandi icone del rock degli ultimi anni.
Se pensate di non conoscerlo, probabilmente vi sbagliate.
Avete visto un suo lavoro, ad esempio, se avete mai guardato il videoclip di Tears Dry on Their Own di Amy Winehouse.
Ma il fotografo e regista ha realizzato dei video musicali anche per Jennifer Lopez, Britney Spears, Whitney Houston, Moby, Avril Lavigne e molti altri.
Dunque è probabile che se abitate sul pianeta terra, vi siate imbattuti in una sua opera. La lista di musicisti per cui LaChapelle ha messo al servizio le sue capacità è infinita, dando il meglio nel suo contesto naturale: la fotografia.
I suoi scatti non si limitano a canoniche rappresentazioni delle icone pagane della musica. Sono vere e proprie opere d’arte in cui i soggetti vengono esaltati e rappresentati non solo per la propria bellezza estetica o per il proprio valore artistico, ma soprattutto per ciò che rappresentano, o possono rappresentare, nell’immaginario collettivo.
Nato nel 1963, la sua carriera prende il via grazie a Andy Warhol che, scorgendone il talento prima di chiunque altro, gli affidò una copertina per la propria rivista Interview magazine.
La caratteristica stilistica del talentuoso fotografo è quello di cogliere l’essenza della società contemporanea e portarla all’eccesso: i colori sono saturi, le luci sgargianti, le forme impeccabili, la pelle senza pori: tutto sembra più che perfetto.
Troppo luminoso, troppo commerciale, troppo plastico. Come in una pubblicità che arriva all’estremo e provoca fastidio per l’assenza di realtà.
Se i suoi scatti fossero un materiale, sarebbero plastica o silicone.
Non a caso tra le muse del fotografo c’è Pamela Anderson che sintetizza perfettamente l’idea che la società contemporanea ha della femminilità sintetica. LaChapelle la ritrae come una bambola di carne più che come un essere umano, non svilendola ma, al contrario, conferendole la sacralità totemica che merita.
La mostra nella cappella Palatina del Maschio Angioino, però, ospita un LaChapelle insolito le cui opere sono state scelte appositamente per la città di Napoli e non sono protette da cornici.
Lo scopo è quello di sottolineare il senso di fragilità dell’arte in questo momento storico in cui tutto sembra essere più esposto, più scoperto. Opere mai messe in mostra incontrano il pubblico, così come alcuni negativi fotografici dipinti a mano negli anni ottanta.
Un’esposizione personale, che lascia intravedere la sostanza sotto la plastica, che apre uno squarcio nel tessuto sintetico e che offre spazio al sacro e allo spirituale.
Non a caso la fotografia scelta per la promozione dell’evento è un chiaro riferimento ad un Cristo pop.
L’artista sceglie di mettere la lente sulla spiritualità per omaggiare Napoli, come rivela lui stesso ai giornalisti: “La città assomiglia a questa mostra: una giustapposizione di sacralità e di mondanità”.
La mostra è infatti site-specific, ovvero concepita appositamente per l’ambiente che deve ospitarla. Oltre che attraverso le fotografie, selezionate tra quelle dei periodi più significativi della sua carriera, è possibile scorgere l’animo dell’artista nell’allestimento.
I colori accesi degli scatti di LaChapelle si stagliano con prepotenza tra gli antichi marmi del Maschio Angioino, generando un contrasto netto, eppure gradevole.
Senza perdere i propri tratti identitari, il fotografo americano si esibisce in un modo nuovo, la nudità si trasforma in una metafora differente rispetto al passato: spogliando le sue opere che sono alla mercè del pubblico senza protezioni, in tutta la propria delicatezza, ci ricorda che la sua plastica è solo una maschera che cela tutt’altro.
Sara Picardi
Fonte copertina Comune di Napoli
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