Finché morte o qualcosa di simile non ci separi. Addii strazianti nella letteratura
Non c’è che dire: l’happy ending piace a tutti.
Soprattutto se stiamo leggendo un romanzo che ci coinvolge e ci appassiona, restare con l’amaro in bocca per un finale tutt’altro che roseo ci lascia demoralizzati per giorni.
Grazie all’avvento del romance, in realtà, il lieto fine oggi è molto più comune per non dire onnipresente. E non vi nego che a volte l’ho odiato soprattutto quando ero nella fase “odio tutto e tutti e voglio leggere un romanzo dove alla fine non ne sopravvive neanche uno”.
Ma, in realtà, oltre ai finali drammatici altri momenti fortemente toccanti sono quelli in cui alcuni personaggi, alcune coppie a cui ci eravamo affezionati per un motivo o per un altro, si dicono addio.
E lì non c’è nulla da fare: il piantino è assicurato.
Lucilio e Clara da Le Confessioni di un italiano
Diceva Foscolo che non si può essere felici se la Patria è sventurata. E lo diceva in un momento storico particolare: quello del Trattato di Campoformio con cui non solo Napoleone cedeva Venezia all’Austria ma tradiva tutti coloro che avevano visto in lui un liberatore.
In questo stesso contesto si inseriscono Clara e Lucilio, protagonisti insieme ad altri del romanzo di Ippolito Nievo.
Lucilio è un giovane medico brillante, ardito, pieno delle più brucianti passioni e destinato miseramente a fallire. Il suo unico amore è Clara, una creatura così buona e dolce da sembrare non appartenere a questo mondo.
Lucilio ama Clara e a sua volta è amato ma ad un certo punto Clara prende i voti e si innamora di Dio.
Non dimentica, però, Lucilio e gli promette che loro saranno felici insieme in un’altra vita. Quella eterna.
«Io son entrata in questo luogo di pace per fidare l’anima mia a Dio e alla sua Provvidenza; vi ho trovato affetti pensieri e conforti che mi fanno ormai guardare con ribrezzo al resto del mondo… Oh no, no Lucilio! Non vi sdegnate! Le anime nostre non erano fatte per trovare la felicità in questo secolo di vizio e di perdizione. Rassegnamoci e la troveremo lassù!»
Nievo – Le confessioni di un italiano cap. 12
Elena e Giulio da La Badessa di Castro
Ok, posso farcela. Respiriamo.
Romanzo molto breve ma fin troppo intenso di Stendhal, La Badessa di Castro racconta delle vicissitudini amorose dei giovani Elena di Campireali e Giulio Branciforte.
Lei figlia di buona famiglia, lui figlio di un brigante. Si ameranno per una vita intera senza mai riuscire a coronare il loro sogno.
In un vortice a tratti shakesperiano si sviluppa la vicenda di due anime innamorate i cui corpi saranno sempre distanti.
Lei viene rinchiusa in un monastero – storia trita e ritrita – lui viene fatto credere morto. Non c’è un momento in cui i due si dicono addio con la promessa di rivedersi.
Elena dice addio per sempre a Giulio con la promessa di aver amato solo lui per tutta la vita.
«Non dubito di te, Giulio mio: se me ne vado, è perché morirei di dolore tra le tue braccia vedendo quale sarebbe la mia felicità se non avessi commesso una colpa. Non credere che io abbia amato un altro al mondo dopo di te. […]
Vivi, e conserva memoria di Ranuccio, ucciso ai Ciampi, e di Elena, che per non vedere un rimprovero nei tuoi occhi, è morta a Santa Marta»
Stendhal – La Badessa di Castro cap. 7
Ettore e Andromaca dall’ Iliade
Di male in peggio.
Forse molti ricorderanno il tragico momento in cui Eric Bana nel film Troy si avvia allo scontro finale con Brad Pitt.
Chi, come me, proviene da studi classici molto probabilmente ricorderà ancora meglio lo straziante episodio del sesto libro dell’Iliade: Ettore e Andromaca alle Porte Scee.
Nell’Iliade c’è la guerra, c’è il sesso – si fa per dire, Omero non è stato assolutamente un anticipatore del genere erotico – e c’è l’amore. Quello tra Ettore e Andromaca.
Un amore che andrà così tanto oltre la morte che Andromaca non dimenticherà mai il suo sposo e sarà a lui fedele col cuore sempre e per sempre.
«Tu, Ettore, tu mi sei padre e madre e fratello e sei anche il mio giovane sposo: abbi pietà di me, resta qui sulla torre, non fare del figlio un orfano, di me una vedova»
«Ma possa io morire, possa ricoprirmi la terra prima che ti sappia trascinata in schiavitù, prima che debba udire le tue grida»
Omero – Iliade libro VI
Dante e Virgilio dalla Commedia
Stavolta nessun amore finito male, solo due grandi amici che si salutano.
Il duca, il signor, il maestro Virgilio che ha accompagnato Dante nei regni ultramondani dell’Inferno e del Purgatorio ad un certo punto deve fermarsi, perché è pur sempre un uomo senza Dio.
Dante verrà così affidato, finalmente, alla sua tanto amata Beatrice ma non dimentica le mirabolanti avventure che ha vissuto col suo mentore, colui che gli ha spesso salvato le penne e che ha risposto con pazienza e meticolosamente alle domande, spesso sceme, del fiorentino.
Nei versi finali del XXVII canto del Purgatorio, Virgilio si congeda da Dante con l’affetto di un padre che saluta un figlio.
Dante è pronto a proseguire senza di lui, in una delle pagine più toccanti del masterpiece dantesco
«Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno:
per ch’io te sovra te corono e mitrio»
Dante – Commedia, Purgatorio vv 139-142
Maria Rosaria Corsino
Vedi anche: Ti amo da morire. Lieto fine non pervenuto