Tre piani, l’ultimo film di Nanni Moretti
Quante incomprensioni possono celarsi dietro la patina dell’apparenza di una famiglia salda, costruita su nobili principi.
Ma basta un soffio di vento, una parola taciuta o un’attenzione non rivolta, perchè questo castello di sabbia crolli e perchè le insidie, i contrasti che si era tanto faticato a nascondere, emergano in tutta la loro limpidezza e incontrovertibilità.
Lo squarcio, la lacerazione è una dinamica che accomuna tutti i rapporti umani che nel film vengono rappresentati. L’incapacità di dialogare, di capirsi anche se si è parte di uno stesso nucleo familiare è un tratto costante nei tre nuclei rappresentati nel film che corrispondono, come suggerisce il titolo, ai tre piani di un condominio. Un condominio dove alla solitudine di una madre abbandonata a se stessa e ai propri spettri durante la maternità si aggiungono le paranoie di un padre che nasconde dietro allo sconfinato affetto per la figlia, una mania di controllo e possessione e la ferocia di un adolescente considerato come uno sconosciuto dal padre.
Sono queste le dinamiche interiori che vengono tessute da Nanni Moretti nel suo ultimo film Tre Piani uscito nel 2021, tratto dall’omonimo libro ambientato a Tel Aviv dello scrittore israeliano Eskohl Nevol, informazione rilevante essendo la prima volta che il regista narra una storia non sua.
Il film, presentato in anteprima alla settantaquattresima edizione del Festival di Cannes e uscito nelle sale a metà settembre, prevede la partecipazione di un cast tutto italiano; infatti, oltre alla partecipazione del regista stesso anche come attore, vediamo la partecipazione di Margherita Buy, Riccardo Scamarcio, Alba Rohrwacher e Elena Lietti.
Nanni Moretti in questo film dà prova di come sia in grado nei suoi film di sviscerare i sentimenti umani, di rappresentare le contraddizioni, le paure e le debolezze della nostra esistenza; ma soprattutto è un regista che sa rappresentare il dolore e riesce a farlo percepire anche allo spettatore che è completamente estraneo alla vicenda. Per la dolcezza con cui sa affrontare il dolore umano Tre piani mi ha ricordato un altro film dello stesso regista, ovvero La stanza del figlio del 2001, dove viene rappresentato un conflitto, una lacerazione dei rapporti umani all’interno della famiglia a seguito della morte di un figlio.
Emerge quindi l’interesse del regista di indagare le dinamiche profonde che abitano le complicate relazioni che animano i rapporti familiari, con la costante convinzione che sia la famiglia a influenzare le personalità umana, soprattutto inconsciamente.
Chiara Celeste Nardoianni
Fonte copertina IBS
Vedi anche: Sorrentino racconta il miracolo della mano di Dio su Napoli e nella sua vita