Giochi di specchi in Spider-Man: No way home
Trailer semi-rivelatori, easter eggs, milioni di teorie e poi accadimenti assurdi, apparizioni incredibili e futuri incerti.
Questi sono gli ingredienti segreti del nuovo Spider-Man: No way home, ventisettesimo film dell’MCU e sicuramente film più atteso dell’anno, ancora una volta plasmato dal regista Jon Watts.
Il terzo film di Spider-Man ci ha dato modo di pensare a tante cose, ha giocato con la nostra nostalgia, ha allargato in modo esponenziale le possibilità di un universo sempre più grande, ha gettato le basi per una nuova caratterizzazione.
Impossibile negare che il meccanismo messo in atto non abbia coinvolto anche chi aveva riserve sul personaggio. Tutto questo è stato possibile grazie a un espediente incredibile ed emozionante, che non solo ha unito personaggi di universi e tempi diversi, ma anche fan di età e pensieri differenti. L’introduzione del concetto di Multiverso e di conseguenza dei nemici e degli Spidey di Tobey McGuire e Andrew Garfield è stata sicuramente una delle cose più assurde che potessimo vedere all’interno del caro MCU.
Hanno dato forma a quell’impensabile che sognavano solo i più audaci, hanno messo d’accordo schieramenti contrastanti e sicuramente emozionato tutti noi. Alla luce di tutto quello che abbiamo visto, cosa rimane del protagonista di questo universo?
Il Peter Parker, interpretato da Tom Holland, è stato gettato in questo sistema all’improvviso, in media res, sia per quanto riguarda gli eventi principali, sia per quella che è la sua storia. Fin dalla sua prima apparizione in Captain America: Civil war (2016), non è mai stato “solo”, spalleggiato e guidato da altri personaggi più maturi e caratterizzati nel tempo, non è mai riuscito a trovare una vera e propria autonomia.
Del resto, Spider-Man è solo un adolescente!
Questo aspetto non viene meno nel terzo film della nuova trilogia, anzi, si moltiplica, si amplia fino all’implosione finale. Quello che ci riconsegna alla fine è uno Spider-Man senza alcun affetto, probabilmente senza colleghi e tecnologie di cui disporre, con un proprio io scavato nei residui del terriccio di una esplosione che ha spazzato via tutto dalla memoria. Nessuno saprà più chi è Peter Parker, condannato alla damnatio memoriae, grazie all’incantesimo di Stephen Strange e, sinceramente, era proprio ora.
Se con gli altri due Spider-Man siamo stati abituati alla dettatura delle origini del ragno, dal famoso morso alla maturazione scatenata dalla morte di Zio Ben dopo la fatidica frase “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, il nuovo Peter, come dicevamo, è stato presentato subito in azione, senza storia, motivazioni e dannazioni interiori. L’abilità, adesso, è stata proprio quella di raccogliere tutta l’eredità a cui eravamo abituati e trasmetterla al contrario, come in un gioco di specchi, portandoci dalle azioni alle origini di quello che sarà il nuovo personaggio.
Gli eterni ritorni di schemi che sembrano doversi ripetere all’infinito, da Goblin che getta l’amata di Peter da un ponte, a uno/a zia che si prepara a morire lasciando in eredità la frase e soprattutto il senso di giustizia e la morale che connotano da sempre l’Uomo Ragno, sono stati il collante perfetto di questo esperimento di molteplicità e identità frammentate che hanno finito per unirsi a formare un unico, saldo personaggio, forse non più adolescente.
Che l’apparizione iniziale e pazzesca del nostro amato Matt Murdock significhi qualcosa? Sicuramente e forse avrà a che fare proprio con la direzione più solitaria e intimista che prenderà Peter, mentre Venom si prepara a nascere.
Maria Cristiana Grimaldi
Illustrazione di Alessandro Mastroserio
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