I segreti del successo secondo Keith Haring
Le figurine vulcaniche di Keith Haring – i bambini, i ballerini, gli animali – sono forse nate nei sottopassaggi della metropolitana di New York negli anni ’80.
Ma di certo non si sono fermate lì.
Nel corso di una ventina d’anni, l’artista americano ha piroettato sul panorama artistico internazionale, mescolando elementi della cultura popolare come i graffiti e i fumetti con la qualità dell’arte cosiddetta “alta”, sconfinando nella moda e nella pubblicità.
Qualcuno lo etichettò come artista “commerciale”, impossibile da prendere sul serio, eppure dai suoi diari emerge chiara la consapevolezza dell’importanza sociale e politica che l’arte implica, e sono tante le introspezioni sul suo ruolo d’artista e di figura pubblica.
Haring morì a 31 anni per complicanze legate all’AIDS, e scrisse per l’ultima volta sul suo diario a Milano, il 22 settembre 1989, pochi giorni prima di morire. Dai suoi scritti, è possibile ricavare più di una considerazione utile a chiunque voglia imbarcarsi nel tumultuoso viaggio dell’arte.
#1 – Rendi il tuo lavoro comprensibile al grande pubblico
Nel 1978, mentre viveva a Pittsburgh, Haring si trovò alla proiezione di un documentario sull’installazione di Christo Running Fence, del 1976 (una recinzione di tessuto bianco che correva da est a ovest per 40 chilometri lungo le campagne di San Francisco).
L’esperienza lo toccò profondamente: in un’intervista rilasciata anni dopo, ricordò le parole di alcuni contadini, inizialmente contrari all’intervento di Christo: “Dicevano che era la cosa più bella che avessero mai visto! Non aveva importanza quanto fosse arte contemporanea o quanto fosse distante da qualunque cosa avessero mai conosciuto: in qualche modo, quell’intervento che l’artista aveva forzato su di loro, gli aveva fatto vedere le cose in maniera totalmente differente!”.
Haring passò tutta la sua vita a creare un’arte che risonasse col grande pubblico perché, diceva, “il pubblico ha bisogno di arte, ed è dovere di ogni auto-proclamatosi artista realizzare quello di cui il pubblico ha bisogno, e non concentrarsi su un’arte borghese che ignori le masse”.
#2 – Crea il tuo prodotto in un’unica seduta
Secondo Haring, l’arte migliore si crea tutta in una volta. “Dipingere per più giorni rende impossibile mantenere una coerenza nello stile, e nell’idea […] L’arte pura esiste solo come risposta immediata alla via pura”. Non voleva minimizzare l’importanza dei capolavori storici, però, quelli che avevano tenuto gli artisti impegnati per settimane, o mesi.
Ma il mondo è cambiato, notava, e nell’era dei computer e della velocità, l’artista deve evolversi assieme alla sua arte. Trovò che il modo migliore per esprimere questo concetto fosse dipingere sulla neve: “devi disegnare velocemente e sei sempre consapevole che stai creando qualcosa di veramente effimero e temporaneo, auto-distruttivo quasi. Ma sei così assordo nel tuo bisogno di creare che non te ne importa, non hai il tempo per preoccupartene!”.
#3 – Lascia il significato della tua opera aperto all’interpretazione
Il modo più veloce di uccidere l’arte – secondo Haring – è definirla rigidamente. “Non c’è nessun bisogno di definire un bel nulla – scriveva – Anzi, la definizione è lo strumento più pericoloso di cui possa servirsi un artista che crea arte per una società di individui”.
Certo, l’artista è libero di conservare i suoi temi, i suoi concetti, la sua idea mentre dipinge, ma quest’idea non ha nessuna importanza una volta che il prodotto artistico è messo sotto gli occhi dell’osservatore: “Il pubblico non deve essere considerato dall’artista, mentre crea; allo stesso modo, al pubblico non andrebbe mai detto cosa vedere o cosa pensare di ciò che ha davanti”.
Haring credeva fortemente nel potere dell’individualità – sia per quanto riguarda l’artista, sia per quanto riguarda l’osservatore. Credeva anche che il tempo dei movimenti artistici fosse giunto al termine: “Credo siamo arrivati ad un momento in cui non c’è più posto per mentalità di gruppo, movimenti o ideali condivisi: è il momento dell’auto-realizzazione”.
#4 – Riduci le aspettative
Haring era convinto che utilizzare materiali costosi come la tela, per i suoi dipinti, danneggiasse la sua creatività: “Divento paranoico riguardo il risultato, perché ho speso 12 dollari per una tela e adesso sono convinto che il prodotto finale debba valere qualcosa! Invece, quando utilizzo carta da pochi spicci e inchiostro diluito, mi rendo conto che dipingo con una libertà diversa, e lo vede anche il pubblico”.
Qualunque cosa dipingesse, Haring la considerava un work in progress: “I miei dipinti non sono frasi definitive – scriveva – possono essere cambiati, combinati, distrutti. Non posso considerarli finiti, perché una cosa finita implica la sua perfezione, ed io non credo di poter mai giungere ad imitare perfettamente ciò che ho in mente di creare”. Ciò che conta nel fare arte, insomma, è continuare ad andare avanti… finché l’orizzonte continua a muoversi!
Marzia Figliolia
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