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I’m still here – Joaquin Phoenix e l’altro lato di Hollywood

Cosa succederebbe se uno dei pupilli di Hollywood decidesse, da un momento all’altro, di abbandonare la carriera attoriale per perseguire un’altra strada?

Joaquin Phoenix, col suo documentario “I’m still here”, ci dà una chiara dimostrazione dell’indifferenza di Hollywood.

La storia che segue è eclatante, a tratti grottesca, ma soprattutto fa riflettere. 

Joaquin Pohenix, attore pupillo di Hollywood nominato agli Oscar, sceglie improvvisamente – nel 2008 – di abbandonare la sua brillante carriera di attore e di provare a “sfondare” nel mondo della musica rap

Casey Affleck, all’epoca suo cognato, si disse affascinato da questa decisione e, col consenso di JP, decise di riprendere ogni fase della vita dell’(ex) attore e farne un documentario, “I’m still here”, appunto. 

Più si va avanti nella visione di questo documentario, più si assiste sempre più al declino di una celebrità e, ancor prima, di un uomo che si ritrova totalmente allontanato da quelli che una volta lo acclamavano e lo decantavano per le sue abilità attoriali. 

Vediamo un Phoenix dalla barba lunga, dalla pancia prorompente, sempre con qualche birra tra le mani e con una striscia di cocaina da sniffare ad ogni occasione. 

Inizialmente nessuno, nel mondo del cinema, lo prende sul serio: credono tutti che si tratti di un clamoroso scherzo dell’attore. Quando, però, si rendono conto dell’assoluta serietà dell’attore, cosa fanno? Gli voltano le spalle e, addirittura, piuttosto che sostenerlo, iniziano a prenderlo in giro, ad imitare il suo aspetto trasandato e la sua voce strascicata e perennemente compromessa dalle sbornie e dalla droga. 

I due casi più eclatanti sono quello dell’intervista rilasciata al famosissimo David Letterman e l’imbarazzante e offensiva imitazione che di lui fece Ben Stiller durante la cerimonia degli Oscar 2009. 

Nel primo caso, infatti, Letterman, durante tutta l’intervista non fece altro che prenderlo in giro per la sua barba lunga e chiedergli se fosse serio nel voler lasciare la carriera attoriale. Alle continue risposte affermative – e anche un po’ infastidite – di Phoenix, tanto Letterman quanto il suo fedele pubblico, scoppiavano in risate fragorose e senza ritegno. 

Nel secondo caso, invece, vediamo un Ben Stiller vestito da Phoenix, con tanto di barba, occhiali da sole e capelli scomposti, che afferma con nonchalance: «Voglio ritirarmi dalle scene, non voglio più essere il tipo divertente.» e, ancora una volta, le risate del pubblico delle più grandi celebrità di Hollywood non mancano. 

Dopo due lunghi anni, nel 2010, il documentario finalmente uscì e Casey Affleck e Joaquin Phoenix gettarono finalmente la maschera: era tutta una finzione, una grandissima presa per i fondelli

Lo scopo dei due era quello di esplorare e mettere a nudo l’indifferenza di una Hollywood che è pronta a gettarti nel dimenticatoio se smetti di essere fonte dei suoi guadagni. 

A questo proposito, in un’intervista fatta da Jay Leno a Casey Affleck, quest’ultimo affermò: «Non c’è stata alcuna preoccupazione dall’industria cinematografica nei riguardi di un’apparente crisi di un uomo che soli tre anni prima fu nominato per un Oscar. Il film esce, i critici dicono: “Tutto ciò è pazzesco, aberrante, preoccupante”, ma mentre avveniva le persone erano semplicemente felici di prenderlo in giro e farsene beffe

In uno scenario di una tale denuncia è impressionante come Phoenix, che aveva annunciato di voler smettere di recitare, abbia invece recitato per ben due anni senza che nessuno se ne rendesse conto

È la storia di un uomo incredibilmente talentuoso, scaltro e, soprattutto, profondamente intenzionato a portare fino in fondo il suo scopo di denuncia… anche a costo di far allontanare tutte le persone che fino ad allora gli erano state accanto. 

Anna Illiano

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Anna Illiano

Anna Illiano (Napoli, 1998) è laureata in Lingue e Letterature euroamericane e si sta specializzando in editoria e giornalismo presso La Sapienza di Roma. Ha un blog personale “Il Giornale Libero” ed è articolista per il magazine La Testata. Dal 2021 collabora occasionalmente col giornale “il Post Scriptum”
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