Pensavo fosse amore… invece era malessere
Nel palinsesto offerto da Netflix chiunque può trovare ciò che cerca: una serie che faccia ridere, un’altra che faccia riflettere, un documentario di cui non si conosceva l’esistenza e, con il corso del tempo, molti e moltissimi film.
Nonostante il pregiudizio, che spesso noi italiani ci infliggiamo immotivatamente, preferendo film stranieri, premiati e riconosciuti, la piattaforma propone una vastissima gamma di film di produzione italiana, spesso commedie.
Ciò che stupisce, però, non è tanto la vastità della proposta, quanto la loro varietà. Si tratta di commedie più o meno recenti, che hanno segnato le generazioni.
Tra questi, spicca il trio comico composto da Aldo, Giovanni e Giacomo, con titoli ormai diventati “classici”. Film che non hanno bisogno di presentazioni e fanno ridere di gusto, la prima come l’ultima volta, tanto da aver dato vita a espressioni che ormai sono entrate nell’uso comune.
Dalla metafora della mela di Platone in Tre uomini e una gamba, alla scena del leone e della gazzella che Aldo trasforma e prontamente conclude con «Comunque, dove voglio arrivare? Non è importante che tu sia un armadillo o un pavone. L’importante è che se muori, me lo dici prima» nel film Così è la vita.
Accanto a loro, il duo siciliano Ficarra e Picone, Claudio Bisio e Checco Zalone, con i film che li hanno resi noti negli ultimi decenni e che annualmente – spesso anche più di una volta l’anno – sono trasmessi in televisione.
Netflix va a colpo sicuro selezionando, quindi, una proposta che sicuramente sarà apprezzata, non solo dal pubblico degli appassionati, ma anche da chi si siede sul divano una sera, oppure si mette sotto le coperte e, come Zerocalcare in Strappare lungo i bordi, vuole «guarda’ ‘na serie, non fa psicoterapia».
Differente è, invece, la scelta di introdurre nel catalogo virtuale della piattaforma film di produzione italiana del secolo scorso, che si distaccavano dalla commedia intesa come risata sonora e mente libera, ma che, a ogni battuta, accompagnavano sempre una verità, che spesso celava (e neanche troppo) un velo di amarezza.
Con gli anni, forse, la risata si è fatta meno contenuta e più spensierata, nonostante – almeno per gli esempi di comicità citati – l’ironia spesso non lascia scampo alla consapevolezza.
In questa prospettiva, dal primo giorno di dicembre, tra spirito natalizio e sapore di pasta di mandorla e panettone nell’aria, Netflix ha permesso la riproduzione del film, uscito nel 1991, Pensavo fosse amore… invece era un calesse.
Il protagonista – nonché regista – è Massimo Troisi, uno dei grandi esponenti della comicità napoletana degli anni settanta, il “Pulcinella senza maschera”, capace di una mimica e una gestualità che in pochi hanno saputo imitare, e ancora nessuno al suo livello. Già questa sarebbe una motivazione sufficiente per inserire un titolo che, seppur noto, rappresenta un rischio.
Accompagnato da Francesca Neri, l’attore presenta sulla scena le sfumature di una relazione di coppia, in cui l’amore c’è ma non basta. Ne analizza i sentimenti e le sfumature, in un andirivieni di avvicinamenti e incomprensioni, in cui, alla fine, sono costretti a cedere entrambi.
Tommaso e Cecilia non hanno dubbi sui loro sentimenti, ma non riescono a stare insieme, lasciandosi e riprendendosi continuamente, senza raggiungere la stabilità, fino all’ultima scena, che si conclude con qualche chiacchiera al bar e molto affetto.
Sulla piattaforma, erano già stati proposti due titoli simili: l’esordio cinematografico dell’attore, Ricomincio da tre, film del 1981 che ne decretò il successo come regista, e l’ultima pellicola, Il postino, quasi il suo testamento, poi candidato ai premi Oscar per miglior attore e miglior sceneggiatura non originale.
Tra il primo e l’ultimo, quindi, si inserisce il terzo, forse il film in cui Troisi più era riuscito a mettersi a nudo, sofferente, davanti all’impossibilità di una soluzione, nonostante gli sforzi e lo struggimento, perché ci sono cose che non dipendono da noi, e da soli non possiamo cambiare. Spesso non riescono a cambiarle neanche gli altri, a cui ci appoggiamo e afferriamo con forza.
Ce l’hanno insegnato questi anni e ce l’ha insegnato Massimo, con la sua ironia e un sorriso nascosto, forzato, malinconico quanto rassegnato, sereno nell’impotenza che ci contraddistingue.
E Netflix forse vuole offrire proprio questo, durante le feste, cioè la possibilità di guardare alla vita e comprendere che non tutto dipende dalla nostra volontà e anzi, a volte non dipende proprio nulla.
E che dobbiamo essere capaci di sopravvivere comunque, ridere e soffrire, andare avanti, salutare una persona per sempre, prendere da soli un caffè al bar e guardare un calesse che passa.
E continuerà a passare in ogni caso.
Stefania Malerba
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