Sì alle donne! Ma andiamoci piano
Vi siete mai chiesti quante siano le statue o i monumenti dedicati alle donne in Italia?
Vi rispondo subito.
Ne possediamo all’incirca 148 e sono sparse qua e là all’interno del territorio nostrano, qualcuna a Milano, pochissime a Roma e addirittura nessuna in alcune città italiane e si possono vedere in qualche piazza, nei parchi, agli incroci o nelle fontane.
Ma 148 è un numero esiguo ed irrisorio se paragonato alle migliaia e migliaia di statue dedicate agli uomini che, al contrario, si trovano ovunque.
Uomini illustri, degni di nota. Poeti, scrittori, filosofi, grandi condottieri, cavalieri ed eroi. Tutte personalità conosciutissime e largamente apprezzate.
Per le statue femminili invece, spesso si è lamentato il fatto che, oltre ad essere veramente poche, sono dedicate a donne quasi e pressoché sconosciute: mondine, contadinelle, mogli di e spesso raffigurate solo in compagnia dei mariti o in attesa del loro ritorno.
Per ora, nessun reale monumento di riconoscimento a scienziate, scrittrici, poetesse, filosofe, giornaliste, donne di spessore che hanno realmente contribuito a cambiare la percezione della figura femminile nel nostro paese.
Qualcosa però pare inizi a muoversi e la rivoluzione femminile arriva in piazza. In tutti i sensi.
A Prato della Valle a Padova, una delle piazze più grandi d’Europa, sono presenti 78 statue, chiaramente tutte raffiguranti uomini: da Francesco Petrarca a Galileo Galilei, da Torquato Tasso a Ludovico Ariosto e altre figure importanti per la città stessa.
Inizialmente le statue presenti erano ottantotto, sei furono distrutte dall’esercito di Napoleone perché ritraenti tutte dogi veneziani e al loro posto furono messi quattro obelischi ma due plinti rimasero vuoti.
Da qualche settimana il dibattito a Padova sembra essere accesissimo.
I consiglieri comunali Simone Pillitteri e Margherita Colonnello, coadiuvati da Anna Piva, cittadina padovana sensibile alle questioni di genere, il 21 dicembre hanno proposto di dedicare uno dei due piedistalli rimasti vuoti a Elena Lucrezia Corner Piscopia, nonché la prima donna al mondo ad aver ottenuto una laurea nel 1678 proprio a Padova.
La vita di Elena in quanto donna e personalità di cultura non fu semplice e non ottenne mai a pieno i riconoscimenti che le sarebbero spettati.
Figlia di un nobile della Repubblica di Venezia, ebbe un’educazione completa e invidiabile e dedicò anima e corpo agli studi letterari e teologici e diventò nota nei circoli culturali e agli eruditi del tempo e spesso fu invitata a partecipare a dibattiti.
Il padre chiese che la figlia potesse laurearsi in teologia all’Università di Padova, ma il cardinale Gregorio Barbarigo si oppose, in quanto sarebbe stato del tutto fuori luogo che una donna potesse acquisire il titolo di “dottore” e avrebbe significato addirittura mostrarsi ridicoli davanti al mondo intero.
Nonostante le durissime opposizioni, nel 1678, Elena ottenne finalmente la laurea che le spettava, conseguita però in filosofia piuttosto che in teologia come lei aveva sempre desiderato. In ogni caso poco cambiò perché le fu proibito di insegnare in quanto donna.
La questione negli ultimi giorni pare essere esplosa tanto da creare un vero e proprio dibattito nazionale e tanti sono i pareri discordanti di chi lo ritiene un gesto “ancora troppo azzardato”.
Sulla notizia un’opinione fondamentale è stata quella di Daniela Mapelli, prima donna a ricoprire l’incarico di Magnifica Rettrice presso l’Università di Padova, la quale in un’intervista è intervenuta a favore della proposta, definendola un primo passo per dar spazio a tantissime donne che hanno fatto e stanno facendo la storia e con molta cautela, si può rimodernare una cultura ancora profondamente radicata e fondata su basi maschiliste.
La situazione è molto calda e nessuno sembra essersi ancora esposto in questi giorni.
Non sappiamo cosa succederà ma ci auguriamo che questo sia soltanto uno dei primi passi all’interno di una società che ha ancora bisogno di ampliare e rivedere il proprio pensiero.
Annarita Guglielmo
Vedi anche: Padova urbs picta diventa patrimonio dell’umanità