Storie di genialità e ispirazione per The Wolf of Wall Street e A Beautiful Mind
Quando per la prima volta vediamo scorrere le immagini in movimento sullo schermo di una sala cinematografica o di un televisore, i film ci appaiono quasi come una stregoneria.
Ci viene spontaneo associare le storie rappresentate al C’era una volta delle fiabe. Certo, il cinema è un mezzo voyeuristico capace di creare universi paralleli e alternativi, ma è anche un potente strumento di riproduzione, fedele e verosimile, della realtà.
E infatti, quante volte ci capita di leggere tra i titoli di coda la dicitura «tratto da una storia vera»?
Muovendoci all’interno di questa categoria, analizzeremo due famose biografie filmate. È il caso allora di dire: «C’è stata una volta».
- The Wolf of Wall Street
Il titolo trae spunto da uno dei soprannomi di Jordan Belfort, broker miliardario nato nel 1962 nel distretto newyorkese del Bronx. Il film di Martin Scorsese, interpretato magistralmente da Leonardo Di Caprio, è ispirato all’autobiografia scritta in carcere da Belfort. Il film assume il punto di vista del protagonista, il quale compare in un cameo nelle scene finali e addirittura presta la sua stessa voce come narratore esterno.
Nel complesso, The Wolf of Wall Street racconta con grande verosimiglianza la parabola discendente del broker fraudolento. È la storia di un uomo di modesta condizione che sfruttò la sua abilità innata per gli affari e la sua venerazione per il dio denaro per compiere una scalata sociale ai limiti della legalità. Dopo una gioventù condotta seguendo saldi principi morali e dopo aver girato diverse facoltà universitarie, diede adito alla sua passione per l’economia e la finanza entrando nel campo del brokeraggio al soldo di una banca americana. Nel 1989 spiccò il volo fondando una società di sua proprietà: la Stratton Oakmont. Quest’ultima vendeva azioni di piccolo valore (penny stocks) via telefono, spacciandole agli acquirenti come grandi occasioni di guadagno. Da piccolo magazzino con un solo ufficio telefonico, la società si trasformò in un grande e lussuoso loft con circa 1000 broker e con un guadagno di quasi un milione di dollari a settimana!
Ben presto però, la ricchezza spinse Jordan a uno stile di vita estremo, condotto tra alcool, festini, droga e sesso sfrenato. L’accecamento da febbre dell’oro giallo modificò anche la sua personalità, fino a fargli perdere tutto (soldi, proprietà, affetti). Jordan si trasformò in un “lupo”, narcisista egocentrico e manipolatore senza scrupoli.
A porre fine al suo paradiso illegale fu l’agente dell’FBI Gregory Coleman – nel film, sono frutto di fantasia sia il nome attribuitogli sia gli incontri che avrebbe avuto con Belfort – il quale indagò sulla faccenda per 6 anni riuscendo infine a smascherare le attività illecite della Stratton e ad arrestare il broker per frode e riciclaggio nel 1998.
Costui riuscì comunque a cavarsela: collaborò con la giustizia rivelando i nomi dei suoi soci e ottenne così uno sconto di pena che abbreviò la condanna a 22 mesi di prigione federale. Alla fine del film assistiamo ad una scena con un Jordan “ripulito” che impiega la sua arte oratoria in corsi promozionali, dai cui proventi ricava la somma per risarcire le vittime truffate (110,4 milioni di dollari per 1153 persone).
- A Beautiful Mind
Il pluripremiato film del 2001, diretto da Ron Howard e interpretato da Russel Crowe, è tratto dalla vita del matematico statunitense John Forbes Nash Jr (1920-2015), insignito del premio Nobel per l’economia nel 1994. Il motto «geni si nasce» è perfettamente adeguato per lui, poiché sin da giovanissimo apparve evidente la sua smisurata intelligenza, in virtù della quale vinse una borsa di studio per il prestigioso college di Princeton.
Con la sua brillante tesi di dottorato, che esponeva teorie economiche innovative sulla “teoria dei giochi”, fece colpo sul mondo accademico ottenendo posto come ricercatore presso il MIT.
Disgraziatamente al culmine della sua carriera, a soli trenta anni, il matematico manifestò chiari problemi di schizofrenia. Si racconta che un giorno entrò in classe sostenendo che un articolo del New York Times nascondesse un messaggio alieno in codice e che solo lui avrebbe potuto decifrarlo. Fenomeni di delirio e farneticazioni complottiste continuarono a verificarsi a ritmo crescente.
Dalla prima comparsa della malattia nel 1959, Nash fu ricoverato a più riprese negli anni successivi, ma nonostante i problemi psichiatrici, non cessò mai di partorire geniali idee matematiche.
Un aspetto non trascurabile della sua vita, importante anche per lo sviluppo della malattia, fu la relazione con Alicia Larde. I due si conobbero durante una lezione tenuta dal matematico, alla quale la ragazza era andata ad assistere in qualità di studentessa. Nel 1957 i due convolarono a nozze e dopo qualche tempo ebbero un bambino. La comparsa della malattia provocò una rottura nel rapporto e il conseguente divorzio nel 1962. Per quanto la moglie avesse cercato di aiutarlo, la malattia aveva preso il sopravvento.
Dopo otto anni, l’amore riaffiorò e di pari passo si riscontrarono miglioramenti anche nello stato di salute del futuro premio Nobel. Nash riuscì a guarire dalla schizofrenia, imparando a gestire autonomamente le crisi, senza la necessità di ricoveri e di antipsicotici. La coppia si risposò nel 2001 e da allora rimase unita fino alla morte di entrambi avvenuta il 23 maggio 2015 a causa di un incidente stradale. Fatalità volle che il matematico morì proprio nel giorno di rientro dalla Norvegia, dove si era recato per ritirare il più importante premio matematico, l’Abel Prize.
Alicia, tuttavia, non è stata l’unico amore della sua vita. Nel 1952 infatti, Nash ebbe un fugace rapporto con un’infermiera, Eleanor Stier, che rimasta incinta di lui diede alla luce il suo primo figlio, John David Stier. Il comportamento del matematico fu alquanto discutibile perché non volle né sposare né aiutare economicamente la donna e neppure riconoscere il bambino. Solo in tarda età si propose di dargli il suo cognome, ma il ragazzo rifiutò. In aggiunta, Nash intrattenne rapporti omosessuali, a causa dei quali fu arrestato con l’accusa di scandalo.
Questa è la storia vera dalla quale però il film in parte devia. Il regista deliberatamente ha aggiunto episodi e dettagli mai esistiti e ne ha omessi altri invece accaduti. Lo stesso Nash alla prima visione ammise di non essersi sentito particolarmente soddisfatto.
- John non ha mai avuto allucinazioni visive, quindi i personaggi immaginari comparsi nel film sono frutto d’immaginazione degli autori e non del protagonista. Ci riferiamo al militare del Dipartimento della Difesa, William Parcher – che gli avrebbe commissionato di contrastare un gruppo terrorista russo – e al compagno di camera Charles Herman con annessa la nipote Marcee;
- Nash non ha mai lavorato per il Dipartimento della Difesa al Pentagono;
- Non viene fatta menzione degli altri rapporti sentimentali avuti al di fuori di quello coniugale. Né dell’arresto per omosessualità, né di John David;
- Nel film lo si mostra prendere ancora farmaci dopo gli anni ’70, mentre l’alter ego reale del protagonista aveva interrotto ogni cura.
Gli uomini dei quali abbiamo ripercorso la storia sono dei geni che hanno sfruttato le proprie capacità singolari in modi differenti: chi per favorire il genere umano e chi per appesantire le proprie tasche. Di sicuro non si può dire che abbiano avuto delle vite noiose. Ma al di là del loro naturale potere attrattivo, come mai i grandi registi di Hollywood hanno deciso di rappresentare le esistenze di queste due figure?
Semplice! Perché ci insegnano che con l’impegno si possono raggiungere traguardi inaspettati, abbattendo gli ostacoli del milieu sociale e superando persino quelli posti da terribili patologie; al contempo questi racconti ci ricordano che non bisogna mai perdere l’humanitas e che ad osare eccessivamente e ad avvicinarci troppo al sole…insomma, conoscete la triste fine di Icaro!
Giusy D’Elia
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