“Undone”: ai confini del tempo e della realtà
“Undone” è una storia sospesa, che ci racconta come quel sottile velo di Maya che demarca la linea fra illusione e verità sia così difficile da individuare e comprendere, figuriamoci quindi sollevarlo per scoprire cosa c’è dietro.
Più che raro, certo, quasi inimmaginabile. Ma non impossibile.
Di serie che ci stanno tenendo compagnia in questi periodi ce ne sono tante, di ogni genere e colore, ve ne è per tutti i gusti. E non è così inconsueto che molte di loro vengano offuscate da titoli blasonati, quando in realtà si rivelano essere delle piccole perle a cui non viene data la giusta popolarità.
Fatte queste premesse, alzi quindi la mano chi ha sentito parlare di Undone, in modo che possiate smentire ciò che ho appena detto, in quanto io stessa ammetto di averla scoperta, ahimè, solo recentemente.
Serie del 2019 (come ho detto, arrivo tardi), ideata da Raphael Bob-Waksberg e Katy Purdy e distribuita sulla piattaforma Prime Video, rappresenta una visione originale del concetto di spazio-tempo, dove scienza e mistero si intrecciano fra di loro, dimostrando quanto elastica, malleabile e poco definita sia la linea temporale delle nostre esistenze.
Sicuramente non un’innovazione per la tematica, ma che spicca ugualmente per la sua peculiare atmosfera. D’altronde, cosa potevamo aspettarci da Bob-Waksberg, già reso celebre per il suo BoJack Horseman?
Alma è una ragazza che vive una vita semplice e monotona, circondata da persone che sembrano avere grandi aspettative su di lei, e, puntualmente, risponde a tali pretese con un’ironia pungente e a tratti inopportuna.
Di Alma sappiamo che ha una relazione con un ragazzo che ama, ma forse non abbastanza, un lavoro che le piace, ma forse non abbastanza, una famiglia composta da madre e sorella che si sentono realizzate e cercano di capirla, ma, indovinate un po’? Forse non abbastanza.
I suoi affetti e la sua carriera sono costituiti dal pressappochismo, sente sempre la necessità di trovare di più perché sa che lì fuori c’è qualcosa che l’attende, ma non riesce a capire cosa.
Una costante nuvola nera copre ogni tanto il suo sarcasmo: il peso della morte del padre avvenuta in circostanze misteriose quando era solo una bambina e la schizofrenia di sua nonna, malattia che a quanto pare sembra essere ereditaria, e che potrebbe colpire anche lei e la sorella, da un momento all’altro.
Ed è proprio dopo una lite con quest’ultima che Alma, disperatamente in lacrime e alla guida della sua macchina, vede sul ciglio della strada proprio il fantasma di suo padre. O è solo un’allucinazione?
Tale visione provoca un incidente che porta la giovane in coma per qualche settimana. Al suo risveglio, tutto è cambiato.
Oltre a vedere suo padre e poter anche parlare con lui, Alma scopre di essere in grado di vivere loop temporali, di poter saltare nel tempo e modificarlo, stando ben attenta a ritornare indietro, pena il rimanere incastrata in una dimensione che non le appartiene.
La ragazza non sa gestire il suo potere, si trova spesso a balzare da un momento all’altro contro la sua volontà, destando la preoccupazione di chi le è intorno riguardo la sua salute.
Agli occhi degli altri, infatti, quando lei compie mentalmente i suoi viaggi astrali, appare assente o in procinto di compiere gesti del tutto incomprensibili.
Sarà il padre ad insegnarle come padroneggiare quest’antica dote che sembra avere profonde radici mistiche, raccontandole che anche la nonna ne fosse capace e chiedendole, infine, di aiutarlo ad indagare sulla sua morte.
Alma si trova dunque in una scena alla Matrix in cui deve scegliere se risvegliarsi, dimenticare tutto e vivere una vita che considerava mediocre, o gettarsi a capofitto nella “tana del bianconiglio” per scoprire di più su quello che le sta accadendo.
Se la trama non vi ha conquistato, forse potrà farlo la tecnica rotoscope usata anche per il film Loving Vincent, che prevede il ricalcare a disegno sulla pellicola girata con attori veri, rendendo le immagini morbide ed eleganti e creando, anche qui, un misto fra realtà ed illusione.
Nel cast spiccano Rosa Salazar, qui protagonista come in “Alita: l’angelo della battaglia”, e Bob Odenkirk, volto dell’iconico Saul Goodman di Breaking Bad, nel ruolo di Jacob, il padre di Alma.
Ciò che davvero colpisce di Undone, oltre alla sua storia che appassiona fotogramma dopo fotogramma ed il concetto rivisitato dei viaggi nel tempo, è che fino alla fine si dà per scontato che Alma sia perfettamente sana di mente, che stia vivendo un viaggio assurdo quanto magico il quale la sta portando ad una nuova consapevolezza di sé.
Ma sarà davvero così? Oppure è soltanto vittima delle illusioni che annebbiano la sua mente e che la condurranno alla pazzia, proprio come sua nonna?
Questo, e molto altro, lo potrete scoprire solo assaporando per bene le otto puntate di cui la storia è composta ed aspettando la seconda stagione.
Sì, perché a quanto pare Prime Video ha recentemente deciso di farci rimanere incollati al suo schermo ad arrovellarci il cervello ancora per un po’. E non so voi, ma io sono assolutamente in hype per l’attesa.
Ilaria Aversa
Fonte copertina: copertina originale della serie Undone, da Amazon prime
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