Cross-collecting. Prima e ora
Una giustapposizione contestuale e ben curata di manufatti che stimolano l’immaginazione.
Nel corso della storia, sono state messe in atto una varietà di tecniche di raccolta in relazione al momento della loro creazione. Ma cos’è esattamente la raccolta incrociata?
La pratica del cross-collecting (o del cross-buying) può essere intesa come l’idea di collezionare opere d’arte in una gamma di categorie. Da un punto di vista contestuale, è un esercizio curatoriale che fa associazioni, tra oggetti e opere d’arte di movimenti, mezzi e tempi diversi, seguendo il gusto e la visione del curatore.
Pare che il termine sia diventato famoso negli ultimi anni, eppure, il cross-collecting non è una novità, anzi questa pratica è in circolazione sin dall’antichità.
La pratica iniziò a fiorire durante il Rinascimento; periodo storico noto per le espansioni e scoperte culturali, e ancora, per le sue opere varie, che confermano quello che è l’andazzo di mescolare, a spalla, le testimonianze artistiche precedenti alla nascita di libri di arte contemporanea e di manoscritti, seguendo una linea di sviluppo coerente e unitaria.
La pratica del cross-collecting diventa popolare anche nel settore pubblico, che ha applicato questo archetipo a musei e istituzioni pubbliche a fini educativi, classificando ogni sezione e dividendole in base a genere, movimento e cornice temporale.
Pertanto, le scelte curatoriali del XX secolo, se pure emergenti, denotavano questa pratica; i collezionisti erano inclini a congegnare le proprie collezioni attorno a un unico e solo movimento, così come per l’arte contemporanea, la pittura barocca o gli antichi maestri.
Negli anni, la pratica, ha ottenuto un importante riconoscimento; una convalida dai partecipanti al mercato dell’arte, dagli ultimi collezionisti, ai mercanti d’arte.
Oggidì, le fiere d’arte ed antiquariato Tefaf (ultima grande fiera prima del lockdown) e Masterpiece (appuntamento fisso dell’estate londinese) abbracciano la parola adattandola ai loro modelli di business.
Le prime attribuzioni del collezionismo incrociato in un ambiente commerciale furono proposte per la prima volta dal mercante d’arte e antiquario Axel Vervoordt.
Nel corso della sua attività da mercante d’arte, antiquario, collezionista ed espositore, Vervoordt si è creato una reputazione a livello internazionale per la sua capacità di unire l’arte antica e quella contemporanea, in cui mescola Oriente ed Occidente e mette in mostra le opere in ambienti illuminati d’effetto. Da qui si inizia ad adattare l’essenza del cross-collecting alla sua narrativa curatoriale.
Pertanto, i rivenditori hanno cominciato a modellare le loro cabine seguendo questi principi. Affiorano ambienti totalmente inaspettati, fondendo sia pezzi d’arte che di design, dal blue chip ad artisti astratti, che comprendendo tutto ciò, reagivano in armonia con i tempi e in modo personale.
La bellezza e il paradosso che viene fuori, è che, sebbene la raccolta incrociata sia iniziata come pratica curatoriale, la natura diversificata di questo comportamento di raccolta, porta a considerazioni finanziarie a fini di investimento.
Per questo fatto, il cross-collection potrebbe essere una copertura, seppure, i collezionisti appassionati non negheranno mai che l’essenza della cross-collection è principalmente guidata dalla passione intuitiva.
Io nel mio piccolo tento qualcosa; e scelgo di continuare a motivare questa logica. Non dobbiamo far altro che che ascoltare e credere, ma prima di tutto, usare gli occhi non solo per guardare ma anche per vedere.
Francesca Scotto di Carlo
Vedi anche: Nel nome dell’arte – Storia dei nomi delle avanguardie artistiche