Ho voglia di… chiamare la polizia
Nel 2004 uscì per la prima volta al cinema Tre Metri sopra il cielo, il film tratto dall’omonimo romanzo di Federico Moccia.
Da quel momento in poi, le commedie romantiche di Moccia hanno riscosso sempre più successo.
Film e libri di Moccia hanno fatto sognare più di una generazione di adolescenti. Ma, analizzandoli con occhi più consapevoli, ci si rende conto che le storie d’amore raccontate hanno diversi elementi problematici. Nei tre film più famosi, ci sono alcuni gesti che sono stati fatti passare per grandi dimostrazioni d’amore ma che, di fatto, costituiscono reato.
Non dovrebbe sorprendere, poiché il protagonista maschile di Tre metri sopra il cielo, Stefano Mancini, detto Step, è di fatto un criminale con diverse denunce a carico. È un assiduo frequentatore di corse di moto clandestine, e affronta i suoi problemi di rabbia scatenando risse a giorni alterni. Il suo linguaggio d’amore è spaventoso. Un giorno, entra di nascosto in camera di Babi, la ragazza di cui è innamorato, passando attraverso la finestra, come un ladro, per lasciarle nell’armadio un poster con una loro foto. Quando lei lo trova, invece di chiedersi come mai il ragazzo che le piace abbia tanta dimestichezza con la violazione di proprietà privata, sorride.
Ma in assoluto, il gesto d’amore più spaventoso compiuto da Step è rapire il cane della professoressa di Babi. La docente, scoprendo una firma falsa sul libretto delle giustifiche, aveva minacciato di sospenderla. Step, paladino dell’ingiustizia, decide di rapire il cane della professoressa e di ricattarla, per assicurare la promozione alla sua ragazza.
E come potrebbe ricambiare, Babi, un amore così grande, se non con una falsa testimonianza? Step, che a inizio film aveva spaccato il setto nasale a un uomo che aveva provato a fermare un suo pestaggio, viene denunciato. Babi, unica testimone dei fatti, dichiara davanti alla corte che quella di Stefano era legittima difesa.
Sembra quasi un miracolo quando Babi, tornata improvvisamente lucida, decide di lasciare Step perché “troppo pericoloso”.
È così che Stefano Mancini si ritrova ad essere ancora protagonista del secondo film, Ho voglia di te, ambientato due anni dopo il primo. Step è cambiato. È più responsabile, più maturo, più adulto. Proprio in virtù di questo, inizia una nuova storia d’amore con Ginevra, detta Gin. La loro storia inizia nel modo più promettente possibile: lei prova a rubargli i soldi della benzina con un trucchetto, lui la scopre e inizia a picchiarla, ma da bravo gentiluomo si ferma non appena si rende conto che si tratta di una donna.
Però, bisogna ammettere che in questo film, il ruolo più spaventoso della coppia è quello di lei. Per Gin, Step non era affatto uno sconosciuto. Era innamorata di lui fin dal liceo. Ha coltivato in cuor suo l’amore per Step per anni, pur credendolo impossibile. Un amore vero? No. Reato di Stalking. Dopo un litigio, Step sfogliando il diario di Gin, trova una quantità impressionante di proprie fotografie scattate di nascosto, l’annotazione dei suoi spostamenti, delle sue frequentazioni e così via.
Chiama la polizia? Si rende conto di avere una fidanzata pazza? È vagamente inquietato dal fatto di essere stato seguito per così tanti anni? No.
Ma il primo premio per la storia d’amore più problematica lo vince a mani basse Scusa ma ti chiamo amore. La relazione tra Alex, un uomo di trentasette anni e Niki, una ragazzina di diciassette, viene romanticizzata senza mai sottolinearne le criticità. Come se questo non fosse abbastanza, c’è una scena che fa accapponare la pelle, e che viene presentata come una grande dimostrazione di amore. Alex, a corto di idee per la sua campagna pubblicitaria, scatta a Niki delle foto mentre dorme e le usa, senza il suo consenso, per creare dei poster che vengono esposti in tutta la città. Quando Niki ne vede una su un autobus che gira per Roma, incredibilmente non le viene in mente di chiedere al suo fidanzato come mai, prima di far girare una sua foto per tutta la città, non gli sia venuto in mente di chiedere il suo parere.
Ma non importa perché… era un gesto d’amore, no?
Nadia Rosato
Copertina realizzata dall’autrice dell’articolo
Vedi anche: Summer(time) sei bella come i baci che ho perduto