Lasciatemi soffrire tranquillo. Chi vi chiede niente a voi?
A partire dagli anni Settanta, tra l’ultimo album dei Beatles, il compromesso storico fra DC e PCI, il successo del film Guerre stellari, Napoli offre all’Italia il genio del grande Massimo Troisi.
L’erede di una napoletanità irridente e dolente, il cuore della rivoluzione teatrale.
Nato il 19 febbraio del 1953, a San Giorgio a Cremano, da un macchinista ferroviere e da una casalinga, il Pulcinella senza maschera visse una nuova Napoli fra Pino Daniele e Roberto De Simone.
Debuttò con il gruppo I Saraceni e poi con gli indimenticabili amici de La Smorfia, Lello Arena ed Enzo Decaro, allontanandosi presto dai confini vernacolari dell’arte del suo paese, e dando largo spazio, in Tv, e poi nel cinema, alla sua lingua: un napoletano vivacissimo e torrenziale, sincopato e colorito, “L’unica lingua che so parlare, a dire il vero”, disse una volta il grande Massimo.
“Purtroppo, non ho mai conosciuto Peppino De Filippo e lui è sicuramente di quelle persone che ti rammarichi di non aver conosciuto. (…) Lui, secondo me, è come ‘o sillabario. Quando io l’immagino, l’immagino puro, immagino cioè una comicità allo stato puro. Si può immaginare che la comicità pura sia anche di Totò, e invece no, Totò è già chella elaborata. Io credo, cioè, che della comicità portata al livello di Peppino non ne può fare a meno nessun comico.
Eduardo si è affinato più nel classico, Totò nel surreale, in quello che lui è riuscito a inventarsi come personaggio, Peppino nella normalità era il massimo. (…) Lui, secondo me, è tutto quello che c’è in più prima dell’invenzione. Credo che lui abbia fatto eccezionale la normalità, sia riuscito a rendere eccezionale quello che si pensa che qualunque comico debba avere come bagaglio naturale: lui l’ha fatto assurgere a eccezionalità”.
Nel 1981, Troisi esordì al cinema con il film Ricomincio da Tre. Quel successo cinematografico costituì il trampolino di lancio per la carriera sul grande schermo; infatti, si distinse con pellicole molto apprezzate tra le quali ricordiamo: No, grazie il caffè mi rende nervoso, Scusate il ritardo e Non ci resta che piangere.
Tuttavia, il grande artista ha sempre giocato – se vogliamo anche con una spiccata ironia – con la sua acerrima nemica: la morte. Quel memento mori insito nella sua persona, fin da bambino, e in quel film, esilarante viaggio nel tempo, che ha fatto la storia insieme a Roberto Benigni.
- Il 4 giugno 1994, appena 12 ore dopo la fine del suo film più ambizioso e impegnativo, ovvero Il Postino, Massimo migrò dal sonno alla morte nella casa di sua sorella Annamaria, a Ostia, dove aveva trovato conforto dopo le fatiche di un set che non avrebbe dovuto affrontare.
- Molto presto si avvicinò alla scrittura, vincendo, ad esempio, un concorso di poesia con un componimento dedicato a Pier Paolo Pasolini, autore che apprezzava molto. “Quando penso a Pasolini, a come agiva rispetto alla società, alle cose, mi stimo molto poco”.
- Che fosse destinato ad una carriera artistica fu chiaro sin dall’infanzia. Infatti, la madre inviò una sua foto in fasce ad un importante azienda produttrice di latte in polvere. La sua immagine vinse e Massimo fu scelto come testimonial del prodotto.
- Sin da bambino ha sofferto di febbre reumatica e ha sviluppato una malattia cardiaca che comportava la degenerazione della valvola mitralica. È morto nel sonno, a causa di un infarto, a soli 41 anni.
- Il comico dei sentimenti, tuttavia, non si è mai sposato e non ha avuto figli. “Io guarda, io non è che so’ contrario al matrimonio eh, che non so’ venuto… Solo, non lo so, io credo che in particolare un uomo e una donna siano le persone meno adatte a sposarsi tra di loro, troppo diversi.” Vi ricorda qualcosa? Già, Tommaso in Pensavo fosse amore invece era un calesse.
- Si innamorò di Nathalie Caldonazzo, attrice e showgirl, la quale rimase insieme a lui fino alla morte. Fu lui a fare il primo passo, all’epoca trentanovenne, trovando il suo numero di telefono, dopo averla scrutata in un bar. Si sono dati appuntamento per un caffè, e non si sono più lasciati. All’attore sono associate altre storie d’amore del passato, da quella con Anna Pavignano a Jo Champa e Clarissa Burt.
- Riguardo la morte di Troisi, la Caldonazzo ha dichiarato:
“Decise a tutti i costi di fare questo ‘Postino’ che è un capolavoro, lo sappiamo tutti quanti. Però, forse, se non l’avesse fatto sarebbe ancora vivo. Avrebbe dovuto subire un trapianto prima di fare questo film, ma diceva sempre che lo voleva fare col suo cuore. E cambiò anche il finale della sceneggiatura, perché nel libro Mario (il protagonista) non muore. Massimo cambiò il finale e fece morire il protagonista.”
- Fu Ettore Scola a intuire le potenzialità di un attore e, al tempo stesso, di un autore assolutamente unico fino a farne l’anima del suo appassionato Il viaggio di Capitan Fracassa (1990) in cui vestiva la maschera di Pulcinella, dandogli l’opportunità di dialogare sul set con un maestro come Marcello Mastroianni.
- Massimo e Pino Daniele scherzavano molto sul loro problema di cuore, tanto da offrirlo alla musica, nel brano O ssaje comme fa ‘o core (musica di Pino e testo di Massimo). Il brano è presente nell’album di Pino Daniele del 1991 Sotto o’Sole ed è la colonna sonora del film di Massimo Troisi Pensavo fosse amore… invece era un calesse.
- La salute è la cosa più importante e ce l’ha insegnato Massimo, o meglio, ha rafforzato il potere di queste parole; però anche la solitudine è una cosa seria. “Sono nato in una casa con 17 persone. Ecco perché ho questo senso della comunità assai spiccato. Ecco perché quando ci sono meno di 15 persone mi colgono violenti attacchi di solitudine”.
Buon compleanno, Massimo. Ovunque tu sia.
Marianna Allocca