Ma gli animali hanno coscienza di se stessi?
Per qualsiasi affezionato proprietario di animali questo articolo potrebbe estinguersi qui così: sì.
Fine. Ci leggiamo al prossimo tema.
In realtà però – come afferma la rivista Mind – fino a soli venti anni fa la risposta sarebbe stata profondamente diversa per tutti.
Soltanto negli ultimi due decenni infatti la scienza si è focalizzata sull’argomento, dedicandogli studi, esperimenti e approfondimenti.
Il focus è partito ovviamente dalle emozioni. La scienza infatti si è occupata di scoprire se gli animali siano capaci di provare quelle primarie. Ed è arrivata alla conclusione – anche grazie alla collaborazione dei proprietari di questi ultimi – che riescano a sperimentare paura, gioia, tristezza, sorpresa, disgusto e collera.
Si è quindi poi interrogata sulle emozioni secondarie. Ma stabilire ciò è indubbiamente più complesso. Anche in questo caso un aiuto importante è venuto da coloro i quali dividono l’appartamento con cani, gatti e altri animali da compagnia. E i padroni li hanno ritenuti assolutamente dotati di emozioni secondarie.
Basarsi soltanto sull’opinione di chi li vive e li ama quotidianamente, però, in questo caso, è limitante, in quanto non è dato sapere se la convinzione in questione sia troppo di parte e se le caratteristiche riscontrate siano innate o frutto di antropomorfismo. Per cui sono arrivate, a sostegno di questa tesi, altre analisi sicuramente più oggettive e science friendly.
Peter Cook, Ashley Prichard e la loro squadra alla Emory University di Atlanta hanno condotto un esperimento mediante l’utilizzo della risonanza magnetica funzionale (fMRD). Sottoponendo dei cani alla fMRD si è studiata la reazione del loro cervello di fronte al proprio padrone che prendeva del cibo per donarlo a un altro cane.
In quei momenti nell’animale domestico si attivavano le stesse aree che negli esseri umani si attivano in caso di gelosia, per cui anche i pelosetti nutrono quest’emozione senza dubbio.
Uno studio dell’università di Chicago ha invece visto protagonisti dei roditori che, messi di fronte a due opzioni: quella di ottenere per sé del succulento cibo e quella di liberare dei loro simili, hanno scelto quest’ultima, mostrando una grande dose di empatia nei confronti della sofferenza altrui.
Le analisi sono proseguite focalizzandosi sempre su aspetti differenti, fino ad arrivare al linguaggio. Si è studiato che ogni cane, proprio come gli umani, ha un’intelligenza diversa e con essa un diverso grado di comprensione e memorizzazione.
Alcuni animali riescono non soltanto a memorizzare più di un migliaio di vocaboli, ma sanno anche differenziare le strutture sintattiche, comprendendo il modo in cui le parole sono posizionate tra loro e perciò il diverso significato che la specifica frase assume.
Appurate tutte queste somiglianze emotive e di raziocinio con gli esseri umani, si è arrivati al punto di chiedersi se anche gli animali siano dotati di una coscienza di sé.
Sostenere che ne abbiano una non significa pretendere che questa sia identica alla nostra, ma vuol dire ritenere altri esseri viventi consapevoli della propria esistenza e dotati di una propria visione e rappresentazione del mondo e dei rapporti con gli altri.
A riprova di ciò, c’è la reazione che gli animali hanno dinanzi alla morte di un loro simile. Questi ultimi realizzano quando accaduto, mostrano cenni acuti di sofferenza per l’avvenimento e comprendono la perdita che ne consegue, vivendo un vero stato di lutto.
E ancora, secondo innumerevoli studi, differenziano la loro esistenza da quella altrui, riconoscendola. I cani, per esempio, annusano e analizzano per meno tempo la loro pipì rispetto a quella di un altro esemplare, poiché la riconoscono come propria, per cui provano di avere coscienza di sé.
E ciò è stato confermato in un convegno alla Scuola veterinaria di Lione il 6 dicembre del 2018.
Giovanna Iengo
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