Mai sentito parlare di “analfabetismo funzionale”?
L’analfabetismo funzionale è l’incapacità di analizzare le informazioni e i dati che viaggiano nella nostra società, restando esclusi dal resto del mondo.
In Italia sono troppe le persone analfabete funzionali: il problema ha raggiunto una dimensione troppo ampia.
Essere in possesso delle facoltà di scrittura e lettura non è sufficiente per stare al passo con una società dinamica e in continuo cambiamento come la nostra.
È necessario saper sfruttare appieno e con consapevolezza queste competenze di base, che ci vengono fornite dalla scuola dell’obbligo. L’analfabetismo funzionale si configura come l’incapacità di comprendere e valutare le informazioni che si incontrano ogni giorno.
Leggono un articolo senza coglierne il senso, non sanno calcolare la percentuale di sconto su un capo in saldo, ritengono difficile interpretare una cartina stradale: questi sono gli analfabeti funzionali o illetterati.
Se con analfabetismo strutturale identifichiamo la mancanza delle abilità di leggere, scrivere e calcolare, con quello funzionale ci riferiamo a coloro che si dimostrano incompetenti e inetti nell’afferrare la complessità che ci circonda.
Il termine fu coniato nel 1984, in seguito ad un’indagine svolta sui nuclei familiari svolta dalle Nazioni Unite. La sua ideazione nacque proprio dal bisogno di definire un tipo di alfabetizzazione che fosse superiore alla minima, quella scolastica di base, ma comunque insufficiente e inadatta.
Studi più o meno recenti, che hanno rilevato la percentuale della popolazione illetterata, collocano il nostro paese in posizioni disastrose: secondo le indagini del PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) la situazione sarebbe preoccupante, dal momento che nel 2012 l’Italia con il 28% è al quarto posto della classifica comprendente 31 paesi, mentre nel 2009 conquistava il podio con 47% di adulti analfabeti funzionali.
L’incapacità manifestata dai suddetti soggetti implica come conseguenza uno scarso senso critico accompagnato da una forte tendenza a prendere per vera qualsiasi notizia ricevuta. L’impossibilità di distinguere tra fonti vere e fonti false porta alla diffusione di tutte quelle fake news che pervadono le nostre pagine social.
Il mondo digitale è uno dei luoghi in cui l’analfabetismo funzionale emerge in maniera più limpida e riconoscibile agli occhi di tutti. La circolazione di bufale sta diventando una questione sempre più seria, da cui difendersi e difendere.
Non a caso, soprattutto negli ultimi anni, si è parlato di analfabetismo funzionale digitale, con riferimento specifico all’ambito del computer, dello smartphone e tutti gli elementi ad essi riconducibili.
Si tratta di una condizione che colpisce per lo più gli over 50, i boomers, per i quali i nostri dispositivi costituiscono ancora un oscuro mistero incomprensibile. Infatti, l’analfabetismo digitale riguarda anche non saper utilizzare gli strumenti informatici, come i sistemi operativi o la rete in generale.
Considerare credibili tutti gli annunci che Facebook passa comporta una pericolosa disinformazione, dalla quale scaturiscono problematiche più ampie.
Le notizie false incoraggiano la propensione ad essere superficiali, a generalizzare, ad accogliere luoghi comuni e pregiudizi: bersaglio facile e fragile sono innanzitutto le minoranze, gruppi di persone che diventano oggetto di atteggiamenti discriminatori per etnia, fede, orientamento sessuale e tanto altro.
Anche a scuola, la piaga dell’analfabetismo funzionale esce allo scoperto facilmente, manifestando una certa resistenza all’azione di cura operata da tanti insegnanti, i quali lamentano una diffusa ostilità, da parte degli studenti, alla comprensione: condizione in cui non può essere condotta a termine una normale lezione.
L’analfabetismo funzionale è una forma di ignoranza sottile, più nascosta. È un morbo che va combattuto e vinto, in una battaglia fatta di studio, libri e curiosità!
Maria Paola Buonomo