San Valentino, non solo baci
Il 14 Febbraio si festeggia San Valentino, patrono e protettore degli innamorati, dell’unione matrimoniale, della gioia di coppia e degli epilettici.
C’è una strana legge della fisica che impedisce alle persone di comprendere che nel giorno di San Valentino si festeggia non solo l’amore coniugale ma anche chi, come me, banalmente porta il nome del sopracitato santo.
La cosa mi sconvolge ogni volta e mi offende non poco: ogni volta che mi scontro con questa realtà sono costretta a constatare che l’amore vince su tutto, persino sul mio onomastico. Motivo per il quale è necessario per me, per tutte le Valentine e i Valentini e per tutti gli affetti da epilessia, ribadire che il 14 Febbraio si celebra anche altro oltre all’amore.
I santi di nome Valentino sono tre, tutti morti martiri durante le persecuzioni di epoca romana. La festa di San Valentino fu fissata il 14 febbraio da Papa Gelasio nel 495, che convertì la festa pagana dei Lupercalia in una festività cristiana.
Il più noto tra questi è sicuramente San Valentino da Terni, vescovo della città umbra, martirizzato nel 268 d.C. sotto l’imperatore Claudio il Gotico.
Il vescovo di Terni, noto per le sue doti taumaturgiche, dopo essersi trasferito a Roma, a seguito di una serie di guarigioni e conversioni, fu imprigionato per volere dell’imperatore e, infine, bastonato e decapitato il 14 febbraio 273 d.C., sotto l’imperatore Aureliano.
Il motivo per il quale San Valentino è diventato protettore e patrono dell’amore coniugale è probabilmente da ricondurre al fatto che il vescovo ternano si impegnò particolarmente per la celebrazione di matrimoni in circostanze difficili: gli innamorati, infatti, si rivolgevano a lui per risolvere casi sentimentali sofferti e complicati e per convolare rapidamente a giuste nozze.
Eppure nell’iconografia il motivo che più di frequente ricorre vede il santo impegnato nella guarigione degli epilettici. È così che appare, infatti, nella raffigurazione del 1502 di Lucas Cranach, dove San Valentino dal volto arcigno e torvo appare assieme al committente del dipinto, probabilmente guarito dall’epilessia a seguito di una grazia ricevuta.
Lo stesso vale per il dipinto di Leonhard Beck, San Valentino e l’epilettico, del 1510 circa: anche qui il santo appare intento nella guarigione di un epilettico, anche qui il volto del santo appare duro e severo. La gravità del volto che ricorre così spesso nell’iconografia legata al santo ha in realtà ragioni diverse.
Il volto grave e solcato da rughe è quello tipico di una persona anziana: le fonti, infatti, ci informano che il santo morì all’età di 97 anni. Inoltre, la severità conferita all’immagine è finalizzata a dare peso e importanza al suo ruolo di protettore e benefattore degli innamorati e non di semplice mezzano di faccende sentimentali.
L’immagine di San Valentino si ingentilisce, però, con il tempo: nel dipinto di epoca pienamente rinascimentale San Valentino battezza santa Lucilla di Jacopo Bassano del 1575, i tratti del volto del santo appaiono meno scavati dalla vecchiaia e più gentili.
Nel dipinto è assente il motivo della guarigione dall’epilessia: il santo qui è colto, invece, nell’atto di celebrare il battesimo di Santa Lucilla.
In generale comunque il santo appare sempre nelle sue vesti vescovili, spesso con una palma, simbolo del martirio subito, e in compagnia di un ammalato, un bambino più frequentemente, a testimoniare i miracoli compiuti sugli affetti da epilessia.
A dare maggior risalto al legame del Santo con l’amore e le unioni coniugali sarà, infatti, la letteratura, soprattutto quella gotica.
Valentina Siano
Illustrazione di Sonia Giampaolo
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