Sanremo ’22, al via la 72° edizione del festival
Alle 20.40, ad un orario molto più congruo della normale prima serata che ormai si aggira attorno alle 23, ha inizio la 72° edizione del festival di Sanremo, la terza condotta da Amadeus.
Comincia in orario, prosegue a tamburo battente con cantanti, ospiti, conduttori e co-conduttori che si avvicendano rapidamente sul palco dell’Ariston. Il che fa sperare in una fine del festival che sia più prossima al martedì che al mercoledì.
Amadeus avrà tante doti, tutte a me sconosciute, ma tra queste sicuramente non c’è l’inventiva. La giacca tempestata di strass, la moglie sorridente in prima fila, la vagonata di co-conduttrici coinvolte per coprire la necessaria quota rosa, l’immancabile (per me onestamente mancabilissimo) Fiorello a svoltargli gli ascolti.
Insomma nulla che non si sia visto già a sufficienza nelle tre edizioni precedenti firmate Amadeus.
Ornella Muti appare al Festival di Sanremo e una luce invade l’Ariston. Peccato che le sue mansioni non vadano oltre la lettura di un gobbo e la presentazione di qualche cantante.
Dopo 11 mesi di vertiginosa ascesa, tornano al festival di Sanremo i Maneskin. Cantano, si dimenano, sono cool, sono rock, ma anche qui niente di nuovo.
Cantanti super in forma. Achille Lauro che sfodera l’artiglieria pesante per mettere subito in chiaro chi detta le regole di stile anche quest’anno. Una Noemi ormai sempre più calata nella parte della donna fatale anni ’40. Un Gianni Morandi emozionatissimo, eppure ancora capace di divorare il palco.
Michele bravi che promette ad ogni canzone di raccontarti le parti più oscure della tua anima e finisce ogni volta per darti solo l’effetto soporifero della stufa a gas d’inverno.
Mahmood e Blanco belli, potenti, stilosissimi. Ana Mena che sfiora paurosamente quelle inconfondibili colonne sonore del Boss delle cerimonie.
Per fare una sintesi efficace delle performance: vecchia guardia che ancora combatte strenuamente, giovani rampanti e super fighi. Poche, pochissime stecche. Canzoni per lo più belle ad un primo, superficiale ascolto. Testosterone in quantità industriali. Stile poco e confuso. Alta moda assente.
Gli ospiti. Matteo Berettini, senza dire granché, senza mai uscire da un tenerissimo imbarazzo, incanta l’Ariston e tutta la platea etero-, omo-, bi-, pan-sessuale d’Italia. Claudio Gioè sciolto, disinibito, giusto. Per non scontentare nessuno c’è la quota dance con i Meduza.
Raoul Bova e Nino Frassica ci presentano Don Massimo, che raccoglierà il testimone di Don Matteo dopo 13 stagioni. La serata si chiude con un omaggio a Franco Battiato, che rimedia alla gaffe fatta l’anno scorso con l’omaggio mancato a Stefano D’Orazio.
Finalmente all’una ormai trascorsa è resa pubblica la prima prevedibile classifica delle canzoni in gara: primi Dargen D’Amico, La rappresentante di Lista e la coppia Mahmood e Blanco, ultima Ana Mena.
Le speranze che potesse finire ad un orario decente sono state, come ogni anno, ampiamente disattese.
Valentina Siano
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