Li Galli: la dimora delle sirene pennute
“Le isolette giacciono in una zona di mare tempestosa, e chiunque che non sia geologo le prenderebbe per relitti di un cratere sommerso. Impressione rafforzata dalla forma a mezzaluna dell’isoletta più grande, dai pinnacoli di roccia scolpiti dalle onde in figurazioni bizzarre e colorati in bruno fin dove arrivano gli spruzzi d’acqua.”
Norman Douglas, La terra delle Sirene
Un piccolo arcipelago dalla coda di delfino, se ne sta silenzioso nelle acque cerulee del Tirreno. Si tratta dell’arcipelago conosciuto con il nome Li Galli appartenente al comune di Positano. È composto da altrettante piccole isole: Gallo Lungo, La Rotonda e La Castelluccia. L’arcipelago strettamente legato al mito delle sirene era conosciuto anche come Le Sireneuse.
Mentre Li Galli, il nome che conserva tutt’oggi, deriva dalla raffigurazione ellenica della sirena dal corpo per metà donna e per metà uccello che ricordano appunto dei pennuti.
Le sirene, che secondo il mito dimoravano sugli isolotti, erano tutt’altro che benevoli. Incantavano i marinai con i loro canti, ammaliandoli con languide promesse. I poveretti finivano per schiantarsi contro le rocce divorati dalle splendide e all’apparenza innocenti acque.
Il mito delle sirene venne ulteriormente enfatizzato dalle correnti impetuose, le frequenti mareggiate e dagli scogli a pelo d’acqua contro cui molto spesso le imbarcazioni andavano a fracassare.
“E tuttavia corre sicuro cammino sul mare la flotta, senza danno procede, come Nettuno ha promesso. Veloce, ormai, s’accostava delle Sirene agli scogli; difficili un tempo, e dell’ossa di molti biancheggiano: allora sonavano, roche scogliere, battute lontane dall’onda.”
Publio Virgilio Marone, Eneide
Secondo la mitologia sui tre isolotti vivevano Partenope, Ligia e Leucosia, le tre sirene dell’Odissea che ammaliavano, con il loro canto, i naviganti.
Si narra che le tre creature tentarono di far naufragare anche Ulisse. Ma le loro fatali intenzioni furono sabotate dall’eroe greco e dai suoi compagni. Infatti la maga Circe aveva consigliato loro di turarsi le orecchie con la cera così da non udire il canto che li avrebbe condotti a morte certa. I naviganti misero in pratica il consiglio della maga ad eccezione di Ulisse. L’eroe si fece legare all’albero della nave e senza privarsi dell’ udito poté ascoltare l’incantevole coro di voci ma senza rimetterci le penne.
Una vicenda simile è narrata nelle Argonautiche di Apollonio Rodio. Anche questa volta le sirene non ebbero la meglio. Infatti gli Argonauti si salvarono grazie ad Orfeo che con la sua lira intonò una melodia talmente dolce che le sirene sentendosi umiliate da quel suono ancor più bello delle proprie voci, si gettarono dalla scogliera. I loro corpi furono condotti dal mare verso località diverse della costa tirrenica. Partenope giunse sulla spiaggia di Santa Lucia dando origine a Neapolis ovvero la città di Napoli. In suo onore fu eretta una scultura ubicata proprio nel luogo in cui pervennero le sue spoglie precisamente in Piazza Sannazaro.
Ligea arrivò fino alle coste calabresi, a Terina.
Infine Leucosia arrivò nelle acque di Poseidonia, ovvero Paestum dando il proprio nome ad un’isola, Punta Licosa.
Testo e illustrazione Enza Galiano
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