Lo squalo attacca molto raramente l’uomo. In difesa di un grande animale
Una buona norma che dovrebbe essere adottata dalla popolazione mondiale è quella di ripetere, come un mantra, che non si devono antropomorfizzare i comportamenti animali.
Tra i vari parallelismi fatti tra umani e mondo animale, vi è quello della cattiveria. Spessissimo, lo squalo è identificato come uno spietato killer.
Ma è davvero così? No, e vi spieghiamo perché.
Abitante della terra da 400 milioni di anni, lo squalo è un animale a forte rischio di estinzione. Complice, ovviamente, l’uomo: la pesca incontrollata, gli habitat marini minacciati dall’uomo, la pinna di squalo sfruttata come cibo pongono questo affascinante animale in serio pericolo.
Quando, nel 1975, uscì al cinema il film Lo squalo, di Steven Spielberg, ecco che il grande animale suscitò una paura fortissima nel pubblico. Nella pellicola, uno squalo bianco terrorizza un’immaginaria cittadina americana, compiendo una piccola strage tra i bagnanti. Il film ebbe così tanto successo, che le spiagge ebbero pochissimi turisti, impauriti dall’eventuale presenza del povero animale, durante il 1975.
Con una giusta motivazione, moltissime persone hanno imputato al film (e al libro omonimo di Peter Benchley, da cui è tratto) la colpa di aver messo in cattivissima luce un animale che, nei fatti, fa molte meno vittime all’anno di una noce di cocco caduta in testa (in media, 150 persone all’anno muoiono per la caduta di una noce di cocco).
Secondo le statistiche, in media vi sono 83 attacchi di squalo all’anno, di cui sei mortali. Gli attacchi avvengono soprattutto negli Stati Uniti, e poi in Australia. Ma perché lo squalo attacca l’uomo? L’essere umano non è una preda abituale dello squalo, solito cacciare ben altri animali. Ci sono alcuni fattori scatenanti che istigano lo squalo ad attaccare l’uomo.
Essendo lo squalo il dominatore incontrastato del mare, questo animale tende ad avvicinarsi a chi, semplicemente, a quel regno non appartiene. Percependo una minaccia esterna, lo squalo compie una naturale difesa del proprio territorio, che solitamente riguarda più che altro un avvicinamento da parte dello squalo all’essere umano, e non un attacco. Un altro fattore molto importante, e ormai confermato da uno studio pubblicato sul Journal of the Royal Society Interface, è quello dello scambio d’identità. Gli squali scambiano gli esseri umani, soprattutto i surfisti, per foche (loro prede succulente). In più, la carne umana agli squali non piace nemmeno (è troppo magra per loro), perciò non viene mangiata. Il problema sorge dal momento che lo squalo ha dei denti incredibilmente affilati; quindi, anche solo un morso può essere, a volte, fatale. Per quanto concerne lo squalo bianco, un gruppo di ricercatori ha notato che gli squali di questa specie non riescono a distinguere i piccoli dettagli e i colori, come spiegato da Laura Ryan (specializzata nei sistemi sensoriali degli animali) della Macquarie University.
Gli scienziati si sono interrogati sul comportamento di questo animale, il quale è variegato e composto da ben 500 specie. È stato constatato che, sebbene alcune specie siano potenzialmente pericolose per l’uomo e più aggressive, all’interno della stessa specie gli individui hanno un carattere diverso. Lo stesso squalo bianco (la specie protagonista di Lo squalo, per intenderci) può essere sospettoso e schivo, oppure aggressivo, a seconda del carattere individuale. È anche difficile che uno squalo sazio attacchi.
Le specie di squalo potenzialmente pericolose per l’uomo sono 12: squalo bianco, squalo tigre, squalo mako, squalo dello Zambesi, squalo longimano, squalo ramato, squalo bruno, squalo martello maggiore, squalo verdesca, squalo grigio di barriera, squalo limone, squalo toro. Ad oggi, però, gli attacchi risultano essere da parte dello squalo bianco, dello squalo tigre e dello squalo toro.
Attualmente, lo squalo è anche a rischio di estinzione. Uno dei motivi è la caccia spietata alle sue pinne. Una pratica orribile verso gli squali è il finning: si tagliano le pinne degli squali, spesso ancora vivi, e si getta l’animale in mare. In questo modo, lo squalo muore in modo atroce, per dissanguamento o soffocamento.
La zuppa di squalo è un piatto asiatico, ma l’Europa non è esente da colpe: ogni anno il continente europeo esporta 3500 tonnellate di pinne di squalo all’anno, e la Spagna (ad esempio) è al secondo posto tra le maggiori nazioni esportatrici. Ogni anno muoiono circa tra i 63 e i 273 milioni di squali, principalmente cacciati per le loro pinne, per la loro carne e per l’olio di fegato.
A peggiorare la situazione è anche la pesca indiretta, ovvero la pesca eccessiva delle prede naturali degli squali.
Quindi, ricapitolando: l’essere umano non è una preda naturale degli squali e gli attacchi nei suoi confronti sono più che altro frutto di scambio d’identità, oltre ad essere rari; gli squali sono in serio pericolo. Gli squali sono animali fondamentali, e la scarsa conoscenza di questo animale non lo aiuta affatto.
Comprendere, anzitutto, che lo squalo non è un killer spietato può contribuire ad approcciarsi in maniera differente ad un animale presente sulla terra da milioni di anni. È arrivato il momento di difenderlo!
Aurora Scarnera
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