I fiori di Baudelaire
Scabroso, vergognoso, indecente.
Geniale, progressista, inimitabile.
Sono tanti gli aggettivi – positivi e non – che possono essere attribuiti a Charles Baudelaire, poeta francese dell’Ottocento che ancora oggi riscuote grande fama.
Appartenente a quella generazione di giovani letterati disgustati e annoiati dalla vita, quella sensazione a cui verrà data il nome di spleen, Baudelaire riversa tutto il suo sdegno nella poesia provando – e riuscendoci magistralmente – a far vedere come anche il brutto sia bello.
E come dal male possa nascere la bellezza.
La sua opera più importante è, infatti, senza ombra di dubbio Les Fleurs du mal tradotto in italiano come I fiori del male.
In realtà, la traduzione letteraria sarebbe I fiori dal male proprio per celebrare ciò che dal male può nascere.
Il titolo venne però considerato troppo provocatorio e scandaloso e così venne modificato, come circa sei poesie contenute nella raccolta vennero censurate.
Abbracciando il gusto per l’orrido che attraversa in quel periodo tutta la letteratura italiana e straniera, Baudelaire racconta scene di vita quotidiana, amori, sesso e morte.
Immagini cupe e a tratti disgustose affiancano grandi slanci d’amore, dando vita a un’opera articolata, meravigliosamente complessa e d’impatto.
‹‹Ces robes folles sont l’emblème
De ton esprit bariolé;
Folle dont je suis affolé,
je te hais autant que je t’aime!››
(A colei che è tanto gaia).
Didascalia di Rosaria Corsino
Illustrazione di Sonia Giampaolo
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