Sai come è stato inventato il telefono?
La storia di come è stato inventato il primo telefono è semplicemente pazzesca ed evidenzia chiaramente quali sono le caratteristiche principali di un genio: il sapere connettere cose apparentemente distanti tra loro fondendo inventiva e capacità di problem solving
Nel giorno della sua nascita, omaggiamo l’inventore Antonio Meucci scoprendo cosa c’entrano il teatro e il mal di testa con la genesi del primo apparecchio di comunicazione vocale a distanza.
Partiamo dal principio, Meucci nasce a Firenze, nel 13 aprile 1808 e studia Belle Arti.
Passando attraverso vicissitudini di vita varie, tra cui un arresto, viene assunto come aiuto attrezzista al Teatro della Pergola.
In questo contesto la mente dinamica del futuro inventore ha la possibilità di fare molte esperienze: gli attrezzisti dello storico Teatro della Pergola, a Firenze, avevano mansioni di ogni tipo e si mettevano in gioco sperimentando conoscenze che riguardavano la fisica, la chimica, l’elettricità e la meccanica, oltre alle arti.
Spinto dalla necessità di facilitare il lavoro ad attori e soffittisti, permettendo loro di comunicare a distanza con la graticcia di manovra del teatro, Meucci crea un sistema di tubi nel muro attraverso cui è possibile parlare.
Nasceva così il primo telefono acustico, ma la storia non finisce qui.
Contestualmente a questa invenzione. che gli vale l’ammirazione e la gratitudine dei suoi colleghi, Antonio conosce la donna che diverrà sua moglie: Maria Matilde Ester Mochi.
Di lì a poco la coppia si trasferisce a L’Avana, per contribuire all’esportazione dell’apprezzatissima opera lirica italiana.
Nella capitale cubana, oltre al lavoro in ambito teatrale, Meucci continua i suoi studi nell’ambito della chimica dedicandosi allo studio di nuove tecniche di depurazione dell’acqua inquinata e approfondisce i suoi saperi circa l’energia elettrica cercando di applicarli alla medicina.
Influenzato dalle teorie di Mesmer, cerca di mettere a punto delle nuove tecniche per fare passare i reumatismi attraverso l’uso dell’elettricità.
Durante un esperimento con un paziente affetto da mal di testa, Meucci inserisce all’interno della bocca del malcapitato una linguetta di metallo e, spostandosi nel proprio studio, somministra una lieve scarica elettrica al paziente che lancia un urlo.
Pur fallendo nell’intento di curare il sofferente, Meucci si accorge di aver sentito l’urlo del paziente chiuso in un’altra stanza come se fosse nel suo studio.
Comprende così la possibilità di utilizzare l’energia elettrica per perfezionare la sua precedente invenzione usata al teatro.
Inventa quello che lui chiama “Telegrafo parlante”.
Successivamente perfezionerà ulteriormente la sua intuizione, motivato anche dalla necessità di comunicare agevolmente con la moglie che si è ammalata ed è costretta a trascorrere le sue giornate a letto: la nuova versione perfezionata del “Telegrafo parlante” si chiama telettrofono ed è, di fatto, il primo telefono.
Per mettere insieme teatro e mal di testa e tirarne fuori un apparecchio che consente di comunicare a distanza, è necessaria una mente geniale come quella di Antonio Meucci.
Genio sfortunato che non ha avuto i giusti riconoscimenti nel proprio tempo, dato che l’invenzione del telefono venne all’epoca accreditata a Bell per questioni di brevetto e, secondo alcuni, anche perché Meucci era un immigrato italiano.
Sara Picardi
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