Sibilla Aleramo, quello che i libri non dicono
Abbiamo sempre sentito parlare di femminismo e di donne che negli anni hanno lottato per i propri diritti, gridandolo a voce alta attraverso la musica, la pittura e la scrittura
Sibilla Aleramo, il cui nome, a meno che non siamo esperti in letteratura italiana, non ci dice nulla, è stata una di queste donne.
Attraverso le sue opere, prevalentemente autobiografiche, Sibilla è entrata nel cuore della gente e ha dato voce a tutte le donne che, rinchiuse nella condizione di mogli e madri, non hanno mai avuto alcun diritto.
Ha rifiutato la classica formula di donna + famiglia, tipica dei primi anni del Novecento (e non solo), e ci ha mostrato, con una scrittura schietta e dolorosa, cosa significa scappare da una vita troppo sterile per inseguirne una libera e indipendente.
Il suo primo romanzo, Una donna, è infatti un’autobiografia di anni di straordinaria ribellione ed è considerato uno dei primi romanzi femministi della storia della letteratura italiana.
Forzata in un matrimonio che non voleva, Sibilla dà alla luce un figlio all’età di soli diciotto anni, credendo che quello fosse il suo desiderio. Con gli anni, però, cresce in lei quella che chiamerà “una forza di resistenza continua” che si conclude con l’abbandono del marito violento e del figlio per la ricerca di una vita diversa.
Quello che Sibilla vuole trasmettere è una testimonianza, cruda e sincera, della difficoltà di farsi accettare dalla società come donna e non solo come moglie e madre. Il romanzo rivela le violenze, le intimidazioni e i pregiudizi a cui tutte le donne erano e continuano ad essere sottoposte.
Il libro ottenne molto successo e, allo stesso tempo, anche molte critiche, soprattutto per la decisione dell’autrice di abbandonare il figlio piccolo.
Tutte le successive opere di Sibilla, alcune in prosa e altre in versi, non sono che un insieme di pensieri della scrittrice, rivolti a sé stessa, all’uomo e all’intera umanità.
Il bisogno di scrivere di sè è accomunato al suo bisogno di scrivere d’amore. Un sentimento, come lei stessa dice, invincibile “come lo è la fede nell’anima del credente”.
Sibilla ha avuto, infatti, numerose relazioni, motivo per cui, se l’abbiamo incontrata nei libri di letteratura, è stato solo in riferimento a qualche autore importante di cui è stata amante come Giovanni Cena, Vincenzo Cardarelli e Umberto Boccioni. O ancora Dino Campana, di cui fu pubblicato un carteggio e Salvatore Quasimodo.
Ebbe anche una relazione con Lina Poletti, una delle prime donne in Italia a dichiarare la propria omosessualità, e all’età di sessant’anni, visse il suo ultimo disperato amore per Franco Matacotta, un ragazzo quarant’anni più giovane di lei.
L’intensità con cui visse ogni storia d’amore le conferì, nel tempo, una connotazione negativa e fece in modo che fosse spesso sottovalutata, soprattutto dalla critica.
Ma Sibilla amava la sua libertà e ne pagò il prezzo con ostinazione e tenacia, continuando a scrivere nella soffitta gelida di Via Margutta.
Non si piegò mai ad atti di servilismo. Mostrava la sua povertà con orgoglio e lo dimostrò spendendo i suoi ultimi spiccioli per un ramo di mimosa.
Invecchiò con grazia e la sua età non le impedì di continuare a incontrare amici e annotare infaticabilmente il suo Diario, che scrisse fino a pochi giorni prima della sua morte, nel 1960.
Sibilla Aleramo è stata una scrittrice di cui la critica non si è mai occupata molto. Nonostante questo, è impossibile sostenere che la sua impronta sul mondo non sia più che mai attuale. Attraverso i suoi scritti, ci ha insegnato a lottare per quello in cui crediamo, a metterci in gioco anche quando la paura di sbagliare è più forte di qualsiasi altra cosa. Ci ha insegnato che la ricchezza è temporanea e il più delle volte effimera e che, per innamorarsi, non è mai tardi.
Ma più di tutto, Sibilla ci ha insegnato che la libertà è la cosa più preziosa a cui una donna deve ambire per essere finalmente felice. Una libertà che ancora oggi, sessant’anni dopo la sua morte, facciamo fatica a conquistare.
“Io ho dinanzi a me il futuro, anche se voi non lo credete”.
Donatella Casa
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