The Dropout: quando si preferiscono i soldi all’etica
La medicina e la scienza sono dei campi molto competitivi ed elitari.
L’imprenditoria, specialmente quella americana, è concorrenziale allo stesso modo.
È difficile avere successo, specialmente se si è una giovane donna. Elizabeth Holmes, però, è riuscita in questa impresa titanica. Da ventenne, una volta abbandonata l’università, ha dato vita ad una società miliardaria. Purtroppo, però, attualmente è famosa solamente per essere una truffatrice.
Questa è la storia di Theranos, una promettente startup stabilitasi nella Silicon Valley. La sua fondatrice è proprio Elizabeth Holmes, che incarna tutti i possibili cliché riguardo il “self made man” americano. L’unica differenza è che si tratta di una giovane donna.
La sua storia è raccontata, in modo decisamente accurato, nella nuova serie di Disney Plus, “The Dropout”, uscita lo scorso 20 aprile.
“The Dropout”, divisa in 8 episodi, è stata prodotta da Hulu e vede come protagonista la talentuosa attrice Amanda Seyfried. Quest’ultima rende giustizia al suo personaggio, partendo dall’impressionante somiglianza fisica che le accomuna. Durante il corso degli episodi, traspare tutta l’intraprendenza e la caparbietà di Elizabeth Holmes. Proprio la sua ambizione è stata, però, una delle spinte maggiori verso il suo successo, ma anche verso la rovina.
La vera storia di Elizabeth Holmes
Elizabeth, sin dalla sua infanzia, si è distinta per il proprio impegno scolastico. Arrivata al college, decise di iscriversi alla prestigiosa Stanford University. Un classico percorso universitario non è, tuttavia, ciò che ha in mente Elizabeth, che sente la necessità di spiccare il volo, aprendo una propria startup. Nel 2004, dopo aver abbandonato gli studi, nasce finalmente “Theranos”. L’azienda guadagnò subito credibilità e capitale, rendendo Elizabeth un vero e proprio esempio di imprenditoria.
Il motto dell’azienda, sin dalla sua nascita, ero quello di rendere l’assistenza sanitaria accessibile a tutti, specialmente in un paese come gli Stati Uniti. Elizabeth presentò vari brevetti riguardo un meccanismo che potesse permettere l’analisi del sangue, senza l’utilizzo degli aghi e dei prelievi. Nel dettaglio, Theranos prometteva di lanciare sul mercato un autentico apparecchio portatile, in grado di realizzare centinaia di tipologie di analisi del sangue. Tutto ciò con una sola goccia di sangue prelevata.
Il minimalismo e gli apparecchi in miniatura, tuttavia, non vanno molto d’accordo con un’operazione tanto delicata e complessa come l’analisi sanguigna. Pur sfruttando la capacità di un team prestigioso di medici e altri esperti, Theranos non riuscirà mai a far funzionare in modo fluido questo apparecchio.
Ciò non fermò purtroppo l’ambizione di Elizabeth, che continuerà ad andare avanti, ripetendo: “Una sola goccia di sangue verrà inserita in una cartuccia a marchio Theranos, e cambieremo il mondo”.
L’azienda conobbe un grande picco di attenzione mediatica quando, nel 2013, la catena di farmacie Walgreens annunciò la propria collaborazione con la Theranos. In ogni punto vendita sarebbe stato installato un apparecchio, capace di effettuare fino a 192 esami del sangue, da una sola goccia prelevata. Tutto ciò ad un prezzo molto accessibile, stracciando la concorrenza.
L’apparecchio, però, pur installato su scala nazionale ed utilizzato da persone di qualsiasi tipo, continuava ad essere malfunzionante. I risultati erano sempre inaccurati. Per eludere gli errori, la maggior parte delle analisi venivano svolte, in modo completamente illegale, sfruttando macchinari di altre aziende. I risultati venivano poi spacciati come frutto del funzionamento delle macchine Theranos.
Per quanto riguarda i dipendenti, invece, tutti venivano costretti a firmare innumerevoli accordi di riservatezza, al fine di non svelare nulla riguardo l’azienda e ai suoi segreti. Chi non accettava, veniva immediatamente licenziato.
Nel frattempo, le macchine continuavano a macinare insuccessi. Nella serie, per rendere l’idea della drammaticità della vicenda, viene sottolineato come “Se 100 persone affette da sifilide venissero testate, la macchina direbbe a 35 di esse che non ce l’hanno”.
Sembrerebbe una storia assurda, l’autentica trama di un’opera di finzione. Tuttavia, come sottolineato in una recensione di Rolling Stone, questa serie televisiva non può fare altro che raccogliere le informazioni reali e riproporle sullo schermo, poiché la verità ha superato la fantasia.
Il suicidio di Ian Gibbons
Questa storia, oltre ad includere episodi di truffa e di completa noncuranza rispetto a qualsiasi regola medica, è stata interessata anche da un tragico suicidio. Nel dettaglio, quello di Ian Gibbons, uno dei chimici che lavorarono per Theranos. Il suo nome appare sui brevetti dell’azienda, insieme a quello di Elizabeth Holmes. Tuttavia, Ian fu l’unico a sviluppare la tecnologia del macchinario. La sua etica professionale e umana non si sposavano però bene con i segreti e le bugie della Theranos. Egli morirà nel 2013, distrutto dalle pressioni e dalle minacce dell’azienda, che temeva che egli potesse rivelare qualcosa.
L’inchiesta giornalistica ed il processo
Come tutte le storie che si rispettino, però, arriva sempre il momento in cui il “cattivo” viene smascherato. Nel 2015, infatti, un giornalista del Wall Street Journal iniziò ad indagare riguardo il lato oscuro della Theranos, non lasciandosi abbattere dalla resistenza legale mostrata da Elizabeth. Questa inchiesta portò, nel 2016, ad un controllo con conseguenti rilievi di irregolarità nei laboratori dell’azienda.
Theranos venne accusata di vendere esami del sangue non accurati. Inoltre, la società venne accusata di diversi altri illeciti e vide tutti i suoi azionisti e le proprie collaborazioni dissolversi.
La fine di questa vicenda si ha nel settembre del 2018, quando la società venne chiusa definitivamente. Il processo è ancora in corso e ci sarà ancora da aspettare, prima di vedere quale sarà il destino di Elizabeth e dei suoi collaboratori.
Si spera che questa storia possa essere un monito, affinché ci siano controlli statali efficaci. Anche e soprattutto perché, per quanto riguarda la salute, dovrebbe prevalere l’etica e non i soldi.
Stefania Berdei