Il curioso caso di Rrose Sélavy
Nel 1921 l’immagine di una singolare donna compare sugli schermi Dada del tempo: è Rrose Sélavy, che con fare sensuale si lascia fotografare dal celebre Man Ray, sfoggiando abiti alla moda.
Mani affusolate e sguardo penetrante, chi mai penserebbe che dietro l’obiettivo fotografico si celi uno degli artisti più famosi del secolo, nientemeno che Marcel Duchamp?
Ebbene sì, Rrose Sélavy non è altro che un’invenzione, un ready-made bello e buono, oggetto fittizio e scelto dal suo autore, che indigna, sorprende e spiazza.
Il nome sarebbe un gioco di parole che ricorda sonoramente la frase francese “Eros, c’est la vie”, l’eros, questa è la vita, mentre le mani, così delicate e femminili, apparterrebbero alla compagna del fotografo stesso, nascosta dietro la figura di Duchamp in un sapiente gioco di prospettive.
Riassumendo, ci troviamo di fronte ad un’immagine di fantasia.
Eppure Rrose, al pari degli altri ready-mades come la ruota di bicicletta e la fontana, nonostante la sua assurdità è lì, impressa su un supporto, assume una consistenza reale, un volto ed un’anima, divenendo alterego fisico di Duchamp.
Esiste. E chi siamo noi per sostenere il contrario?
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