Lisabetta da Messina, amore e dolori mortali
Non solo San Valentino, anche la quarta giornata del Decameron è dedicata all’amore.
Una delle più celebri novelle di argomento amoroso è infatti quella narrata da Filomena, la quale intrecciando registri linguistici fiabeschi e realistici ci offre sì la storia di un amore, ma anche quella di atroci sofferenze.
Protagonista della vicenda è Lisabetta, una “giovane bella e assai costumata” di Messina, alla quale i suoi tre fratelli commercianti non avevano ancora trovato un marito.
Ad aiutare continuamente i suoi fratelli c’era un giovane pisano, Lorenzo, di cui Boccaccio esalta sia l’aspetto esteriore, sia le abilità nei commerci.
Quando i due giovani iniziano ad essere invaghiti l’uno dell’altra, i loro incontri divennero sempre più frequenti, finché una notte il fratello maggiore di Lisabetta la notó mentre si dirigeva verso la camera di Lorenzo.
Non potendo accettare la degradazione sociale che comportava il contatto della propria sorella con quel semplice garzone, il fratello maggiore decise di consultarsi con gli altri, affinché lo scandalo di questo amore proibito non danneggiasse i loro affari.
Ben presto decisero di ucciderlo e dopo averlo condotto fuori dalla città, lo aggredirono e lo seppellirono, senza destare alcun sospetto.
Quando l’assenza del giovane Lorenzo divenne palese e alle domande sul suo ritorno Lisabetta non ottenne risposte chiare, inizió a farsi strada una enorme sofferenza.
In sogno però Lorenzo le svela che non può più fare ritorno da lei, perché ucciso dai suoi stessi fratelli e le indica il luogo della sua sepoltura, dove all’indomani la stessa Lisabetta si reca con la sua tata. Armata di coraggio e coltello taglió il capo del suo amato ed una volta a casa, dopo aver versato tante lacrime fino a lavargli il volto, avvolse la testa in un drappo di seta e la ripose in un vaso di terracotta in cui solitamente si coltivano basilico o maggiorana.
Da quel giorno innaffiò il suo vaso con dedizione, vedendo fiorire rigogliosi germogli di basilico salernitano profumatissimo, ma continuando a disperarsi ogni giorno.
Quando i suoi fratelli notarono il comportamento della sorella le sottrassero il vaso e notarono con orrore che all’interno vi erano i resti del povero Lorenzo, non ancora decomposto del tutto e quindi perfettamente riconoscibile. Per il timore che le loro malefatte fossero rese pubbliche, sotterrarono nuovamente la testa e fuggirono a Napoli, lasciando la povera Lisabetta a struggersi e ad ammalarsi, fino a morire con le lacrime agli occhi.
Lisabetta rappresenta tutta la forza di un amore che riesce ad affermare il proprio valore e si conferma oltre ogni limite, oltre la morte stessa. Nonostante possa apparire una vittima che subisce passivamente il comportamento dei fratelli-padroni, ma compie in realtà un gesto di rivolta quasi eroico, sebbene silenzioso.
Un paragone immediato si instaura con un altro personaggio femminile delle novelle di Boccaccio, ossia la figura di Ghismunda. Entrambe si innamorano di qualcuno che appartiene ad un rango sociale ritenuto inferiore, mentre per Lisabetta siamo immersi in una piccola realtà mercantile e borghese, con Ghismunda l’ambiente è aristocratico e sfarzoso.
Se però Ghismunda decide deliberatamente di uccidersi e sottrarsi ad un mondo di soprusi verso il genere femminile e fa del veleno la sua arma, la morte di Lisabetta è una conseguenza immediata delle atroci angosce che ha subito.
In entrambi i casi si possono comunque scovare i tratti di una mascolinità tossica e violenta che rende l’amore una vicenda dal risvolto necessariamente tragico.
Alessandra De Paola
Fonte copertina Wikipedia
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