Netflix entra Inside arte e depressione
Una videocamera, un comico in un monolocale e una pandemia in corso: sono questi gli ingredienti della ricetta vincente di “Inside”, il nuovo special di Netflix, scritto, diretto e interpretato dal comico statunitense Bo Burnham.
Uno special che di comedy ha ben poco, nonostante l’inizio dai toni frizzanti e l’alto tasso di humour nero. Sono verità scomode quelle che Bo porta all’attenzione del pubblico sotto forma di canzoni, un musical di novanta minuti che fa sorridere, ma soprattutto riflettere sul lungo anno appena vissuto e sulle conseguenze che l’isolamento ha avuto sulle persone.
Forse non avete mai sentito parlare di Bo Burnham, ma il suo genio negli Stati Uniti è ormai noto. Divenuto famoso grazie ai suoi sketch musicali, pubblicati su YouTube quando ancora in pochissimi bazzicavano il sito web, Bo è da oltre un decennio garanzia di risate e canzoni orecchiabili.
Tenutosi lontano dalle scene per cinque anni a causa dell’ansia da palcoscenico, Bo progettava il suo atteso ritorno sul palco quando la pandemia di Covid-19 ha costretto i teatri – e gli artisti – a chiudere i battenti per un bel po’. Un duro colpo, ma anche un’opportunità per Bo, che ha deciso di prendere tutte le emozioni negative riaffiorate nella solitudine della quarantena e metterle insieme in uno spettacolo fatto in casa.
Uno one-man show girato nella solitudine del suo monolocale, da lui scritto, diretto ed editato; show che avrebbe potuto essere un disastro ma che si rivela fin dall’inizio una perla rara per la sensibilità e la crudezza dei temi trattati, nonché per la bellezza e l’assoluta genialità degli effetti visivi e del montaggio.
Colpiscono il simbolismo e i messaggi nascosti anche nella più semplice inquadratura, difficili da cogliere tutti in una volta, ma che si offrono volentieri a un ulteriore rewatch. Dietro le musichette orecchiabili, i bizzarri primi piani e i tagli apparentemente casuali, si celano tematiche di una certa importanza quali l’isolamento e l’ansia – anche in rapporto col suicidio – il razzismo, e la difficile dicotomia che si crea tra comicità e verità, capitalismo e responsabilità sociale.
Una profondità che non si può riassumere in un solo articolo, ma che posso invitarvi a toccare con mano, per vivere sulla vostra pelle la sensazione di malinconico smarrimento suscitata dalla visione di questo special.
Bo si rende vulnerabile allo spettatore parlando dei suoi problemi d’ansia da prestazione artistica e del senso di irrealizzazione provato con l’approssimarsi dei trent’anni, ma mette anche in luce la superficialità di certe interazioni sui social e la tossicità emersa durante il lockdown che non ci ha reso affatto migliori.
È impossibile non rivedersi nel percorso emotivo da lui tracciato, soprattutto perché riflette le difficoltà e i conflitti che l’emergenza pandemica ci ha costretti ad affrontare: il bisogno di connettersi, ma anche la paura di rientrare nel mondo; il desiderio di avere uno scopo, poi l’angoscia di portare a termine un progetto prima di tornare a non averne uno.
Strati e strati di temi e simboli di una certa importanza, ma un messaggio che traspare forte e chiaro: l’Arte aiuta ad affrontare il dolore e a entrare in contatto con le emozioni sepolte dentro di noi e che vanno, senza dubbio, tirate fuori.
Claudia Moschetti
Copertina: YouTube
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