Esplorazioni geografiche: quello che la scuola non dice
Ogni volta che a scuola si arrivava al capitolo sulle esplorazioni geografiche nella nostra mente si formavano subito le figure di avventurieri e di immagini mozzafiato molto precise.
Nuovi mondi, equipaggi pronti a sfidare la sorte in ogni avversità, scoperte che avrebbero rivoluzionato non solo le conoscenze marittime, ma l’intera concezione del globo e dell’esistenza umana.
Eppure raramente in quei capitoli ci si soffermava su una domanda all’apparenza semplice, ma pregna di significato:
Cosa accadde dopo quelle scoperte?
Difficilmente potremmo immaginare cosa significasse per un uomo del Quattrocento o del Cinquecento imbarcarsi per scoprire una nuova terra. Non a caso i racconti di queste spedizioni raramente presentano veri atti di eroismo e al contrario pullulano di tentativi di ammutinamento.
In un mondo in cui si credeva di aver scoperto praticamente ogni cosa, nessuno aveva davvero il desiderio di gettarsi in un ignoto considerato da molti senza ritorno. Avventurarsi in mare era sicuramente un modo molto gettonato per far soldi facili, ma non oltre i confini conosciuti, non oltre quelle famose colonne d’Ercole.
Ma fortunatamente la curiosità, il desiderio di fama e la fortuna hanno deciso diversamente. Cristoforo Colombo, Magellano o Vasco de Gama sono solo alcuni dei nomi che hanno contribuito a rendere immortali queste imprese.
La vita però non è lineare come un romanzo o un libro scolastico e la vita di questi avventurieri non terminava nel momento in cui riuscivano nello scoprire un nuovo lembro di terra.
Ad esempio sappiamo tutti benissimo che il 12 ottobre 1492 Cristoforo Colombo avvistò per primo le sponde americane credendole erroneamente le nuove Indie, ma poi la memoria di molti si ferma lì, come se la storia di questo famoso esploratore fosse terminata in quel momento, fermo per sempre.
Ma ovviamente la storia non si ferma e se i libri di storia chiudono la loro narrazione su quella spiaggia con un Colombo felice e orgoglioso per aver cambiato la visione del mondo, in realtà gli eventi successivi furono molto meno lieti.
Innanzitutto il famoso navigatore genovese andò incontro a non poche difficoltà nell’esplorazione di quelle coste. Durante quel viaggio, difatti, la nota caravella Santa Maria rimase incagliata in una barriera di coralli e nonostante gli sforzi dei marinai, fu abbandonata.
Procedendo con una sola caravella, egli andò incontro ad una tremenda tempesta, calamità frequente a quelle latitudini, e per poco rischiò di rimetterci la vita. Riuscì ad arrivare in Castiglia solo nel marzo del 1493, ben cinque mesi dopo la miracolosa scoperta.
E se l’oro, i pappagalli e gli isolani che portò in catene dinanzi ai regnanti sembrarono far presagire infinite ricchezze, la fortuna di Colombo sembrò terminare lì perché i successivi viaggi nel nuovo mondo non portarono nulla di quanto sperato.
Colombo infatti trovò sempre meno oro da portare in Spagna e a causa di ciò e delle accuse di malgoverno e tortura degli abitanti di cui si macchiò durante il suo incarico di governatore, cadde in disgrazia presso i sovrani di Castiglia e morì senza il giusto riconoscimento per le sue scoperte.
Ma non intristitevi troppo, perché c’è a chi andò peggio. O meglio, secondo i punti di vista.
Dopo Colombo, nell’immaginario collettivo per quanto concerne le scoperte geografiche abbiamo Ferdinando Magellano, scopritore dello stretto omonimo, primo europeo a navigare nell’Oceano Pacifico e primo uomo a compiere la circumnavigazione del globo.
Un curriculum impressionante, nevvero?
Eppure la memoria collettiva anche in questo caso fa strani scherzi, perché se da un lato questo grande esploratore riuscì a portare a termine il suo sogno di trovare il passaggio a Ovest per i traffici di spezie nelle Indie, dall’altro lato non è mai riuscito a compiere la tanto acclamata circumnavigazione del globo.
Non avrebbe potuto pur impegnandosi, perché era impossibilitato a muoversi in quel momento.
O meglio, era morto.
Ebbene sì, il merito di tale rivoluzionaria impresa è da attribuire al grande scrivano e compagno marinaio, Antonio Pigafetta e al resto dell’equipaggio che riuscì a tornare malnutrito ma vivo in Spagna.
Magellano infatti, dopo essere stato abbandonato dalle due navi che lo accompagnavano sempre per la paura dell’ignoto, riuscì a raggiungere grazie alla sua perseveranza le isole Marianne e poi le Filippine, ma morì a causa di una battaglia con gli indigeni.
Anche in questo caso, i libri di storia evadono molto l’argomento, lasciando presagire che dopo una scoperta geografica a dir poco straordinaria l’eroe cadde sotto i colpi di una sorte avversa.
Ma in realtà i fatti andarono molto diversamente e Magellano morì in una spedizione punitiva da lui stesso organizzata per punire i capi di un’isola del luogo, l’isola di Mactan, che non volevano convertirsi al Cristianesimo.
Ovviamente tutto ciò non elimina l’indubbia importanza di queste scoperte geografiche, né l’immenso coraggio di questi esploratori.
Semplicemente ci ricorda che la realtà è molto più complessa di quanto crediamo e che fra le pagine dei libri di storia non leggiamo di personaggi mitologici, ma di semplici essere umani. Talentuosi, fortunati, ma pur sempre umani.
Basta andare oltre l’ultima pagina.
Gabriel Santomartino
Copertina: Pixabay
Leggi anche: Versailles, un sogno dorato e… maleodorante!