Liberato II: continua la rivoluzione napoletana
Forse definirla “rivoluzione” non è giusto perché Liberato ha, dentro la sua musica, tutta la tradizione possibile, lo testimonia la sua cover di Cicerenella, brano del ‘700.
Di Liberato all’inizio non volevo saperne nulla, non mi interessava la sua musica o quello che avesse da dire. Più diventava popolare più cercavo di respingerlo, come ho fatto quasi sempre con tutto ciò che mi è capitato nella vita.
Poi ad un certo punto ho smesso di fare l’alternativa a tutti i costi, e con lui ho iniziato ad ascoltare la mia vera natura.
Chi sia non mi interessa, se sia un ragazzo, se sia un adulto, se siano dieci persone o due. Non voglio saperlo, non è fondamentale. Quello che conta è la piccola rivoluzione che sta attuando nella musica napoletana, l’attrattiva che crea nei giovani e nei meno giovani.
Mi interessa, oggi, quello che ha da dire e come lo racconta.
L’ultimo album è uscito a mezzanotte del 10 maggio, già dal 9 si era creato l’hype per la sua vecchia traccia appunto, Nove maggio, e molti si aspettavano che uscisse qualcosa di nuovo. Non ha bisogno di promozione, i suoi pezzi viaggiano da soli dietro il suo anonimato. Ed ecco l’album su Spotify: Liberato II.
7 tracce: Partenope, Nun ce penzà, Nunneover, Anna, Guagliuncella Napulitana, Cicerenella (cover dell’omonima canzone napoletana del ‘700), ‘Na storia ‘e na sera. Tutte rigorosamente in maiuscolo, con la rosa nella copertina.
Su tiktok è già popolarissimo con i video dei paesaggi napoletani, con le coppie di innamorati che usano i suoi pezzi come sottofondo, con gli artisti di strada che hanno già inciso diverse cover.
Ma tornando alla sua rivoluzione della tradizione, chiamiamola così, da dove viene il linguaggio di Liberato? Molti si sono interrogati sulla sua provenienza: se sia un napoletano del centro storico, della periferia, di un’altra provincia campana o forse addirittura non è neanche partenopeo.
Le pronunce a volte possono confondere ma resta il fatto che più napoletano-contemporaneo di lui (o di loro?) al momento non c’è nessuno.
Ecco alcune delle espressioni tipicamente napoletane negli ultimi pezzi.
da PARTENOPE:
- “Sempe pe’ piacere e maje pe’ cummanno”: letteralmente “per piacere, non per comando”, si usa dire per chiedere umilmente piccoli favori.
- “È ‘na ddijo ‘e preta ma nun s’o penza, ce piace ‘e fa ‘a femmena ‘e cunferenzia”: non si può tradurre letteralmente, questa espressione è un concetto, vale a dire che la ragazza è molto bella (“tosta”, dura come una pietra) ma non si dà delle arie (nun s’o penza), le piace dare a vedere di essere socievole e affabile (‘a femmena ‘e cunferenzia).
- “Nun te n’adduone…?”: letteralmente “non te ne accorgi?”, un verbo proveniente dal latino medievale “addonare se”, lo usa anche Dante nella “Commedia”.
da NUN CE PENZÀ:
- “Nun te ne ‘ncaricà”: letteralmente “non fartene carico”, praticamente sta a significare “non darti il peso di questa cosa = non te la prendere”.
- “Sì na ‘nziriata”: letteralmente “sei capricciosa”, ma sulla parola “nziria”, ovvero capriccio, c’è un’etimologia molto complessa e discussa. Sicuramente è molto di più del banale capriccio, è un’ostinazione testarda e cocciuta. Alcuni, secondo l’ipotesi meno accreditata, dicono derivi dal latino “insidēre”, che letteralmente vuol dire “stare seduto sopra”, ovviamente nel senso figurato di restare fermi sulle proprie posizioni. Ma, molto più probabilmente, deriva dalla parola greca che vede l’unione di “in” e “ira”, letteralmente, quindi, “andare in ira”.
da NUNNEOVER:
- “Addivento cchiù sprucido”: detto di persona “scorbutica, acida, scontrosa”. La persona sprucida ha pochi contatti con il mondo, e quando li ha, tratta tutti con arroganza, mostrandosi scorbutica negli atteggiamenti e nelle parole, disdegnando la maggior parte del mondo.
- “A furtuna nun me dà cchiù aurienza”: letteralmente “la fortuna non mi dà più ascolto”. La parola “aurienza”, ovvero “udienza”, fa riferimento a un avvenimento che riguarda il Papa: pare che il Pontefice Massimo, anni fa, decise di concedere udienza a coloro i quali erano inseriti in casi di adulterio, più precisamente diede udienza ai mariti che avevano subito tradimenti da parte delle mogli. Parrebbe che gli uomini traditi avessero chiesto al Papa di conferire loro l’autorizzazione allo scioglimento dei matrimoni in questione, dopo l’accertamento dei tradimenti avvenuti. Autorizzazione però mai ricevuta. Per questo motivo, dare udienza significa prestare ascolto, concedere importanza, dare retta.
- “Je nun tengo scheletre int’a ll’armadio, tengo ‘o Cimitero d’e Funtanelle”: espressione figurativa che sta a significare di non avere scheletri dell’armadio, ma addirittura tutto il Cimitero delle Fontanelle, famoso per contenere numerosi crani, ‘e cap’e mort.
Lucia Russo
Fonte copertina Il Napolista
Leggi anche: Liberato in fila alla cassa del supermercato: “We come from Napoli”