Quando la Macedonia era un Impero e non un dessert
Nel sentire il termine macedonia, il nostro cervello pensa subito a due cose: alla tanto piacevole ed estiva frutta tagliata in pezzi e a quella regione a nord della Grecia che è divenuta famosa grazie a due sovrani dalle straordinarie doti politiche e militari: Filippo II e Alessandro III, noto come Alessandro Magno.
All’alba dei tempi, la Macedonia altro non era se non una regione di montagna in cui si viveva di lavori semplici: l’agricoltura, la pastorizia e simili.
Mai le montagne di quei luoghi ferini avrebbero immaginato di diventare famose nei libri di storia per aver dato i natali a colui che avrebbe dato vita all’impero più grande del mondo antico conquistato da un solo uomo.
Ma per quanto Alessandro sia stato davvero un Grande, è anche vero che la mela non cade lontano dall’albero e se Alexandros sapeva il fatto suo, il padre Filippo neanche scherzava.
A Filippo, oltre al merito di aver generato un figlio come Alessandro, si deve il merito di aver per primo trasformato la Macedonia da terra sconosciuta a grande potenza.
In molti, infatti, ritengono che per quanto Alessandro sia stato un grande sovrano, abbia in realtà trovato la pappa già pronta e che a Filippo andrebbero dati più meriti.
Sicuramente il periodo della sua giovinezza in cui fu ostaggio a Tebe fu un grande periodo di formazione per Filippo, che poté apprendere tecniche militari che avrebbe poi portato nel suo regno.
Di indole certamente non pacifica, Filippo si mise ben presto in testa l’obiettivo di conquistare tutta la Grecia e far capitolare le grandi potenze di Sparta e Atene che, per quanto puntualmente non si trovassero su nulla, mai come stavolta stavano dalla stessa parte: contro lo straniero.
Ma Filippo non ebbe solo nemici politici: suo grande avversario fu l’oratore ateniese Demostene che scrisse ben quattro invettive contro il macedone, le Filippiche che ancora oggi vanno a indicare un testo lungo e anche un po’ pesantuccio che ha come scopo quello di accanirsi contro qualcuno.
Ma Filippo non era certo il primo degli sciocchi e nel 338 a Cheronea, dimostrò quanto effettivamente i Macedoni fossero una potenza militare da temere.
Ma, come dice Shakespeare, «queste gioie violente hanno violenta fine» e nel 336 Filippo rimase vittima di una congiura a soli quarantasei anni.
Non si sa esattamente chi sia stato il mandante del suo assassino, molti sospettano sia stata la moglie Olimpyas che proprio non lo sopportava, altri credono sia stato qualcuno che nel 338 a Cheronea a diciannove anni lo avevo affiancato sul campo nella sua prima esperienza militare. Alessandro.
Alessandro aveva ventuno anni quando salì al trono ma le abilità di un grande capo le aveva già tutte.
Educato sin dalla tenera età per questo ruolo, l’allievo di Aristotele dimostrò sin da subito di avere qualità divine.
E forse figlio di un dio lo era davvero, di quel Zeus Amon che lo porterà a scoprire le terre d’Egitto, a valicare i confini delle Colonne d’Ercole, a fare di lui il più grande conquistatore del mondo.
Grecia, Egitto, Persia, India, Asia.
Per Alessandro, il mondo non aveva confini. L’unico limite, in fondo, era il cielo.
Sconfigge il sovrano persiano più temuto al mondo: Dario III. Ne prende il posto e le abitudini, sposa sua figlia. Ma probabilmente in realtà il suo grande amore fu solo uno: Efestione.
Perfeziona la falange, la tecnica militare tipica dei macedoni che ha permesso grandi vittorie come Cheronea, Isso, Gaugamela grazie anche all’uso della loro arma tipica: la sarissa, una lancia lunga.
Alessandro arriva in India, poi torna indietro.
Arriva a Babilonia dove sembra trovare la pace.
Ma la morte non risparmia nessuno, neanche i guerrieri più tenaci e ancora più giovane del padre, a soli trentatré anni, Alessandro lascia questo mondo per cause sconosciute.
Forse, perché il mondo ancora non era pronto a tutto ciò che Alessandro poteva dare o forse perché, in fondo, c’è sempre un prezzo da pagare per tutto. E Alessandro aveva accumulato parecchi debiti e morti sulla coscienza.
In fondo, diceva Tacito, non si fondano i regni con le carezze: «Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant».
Maria Rosaria Corsino
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