Greta Thunberg si allontana dai riflettori
Era il 20 agosto 2018 quando una ragazzina di soli 15 anni decise di cambiare la storia dell’attivismo ambientalista.
Greta Thunberg, durante un’estate assurdamente calda per il suo paese (Svezia) decise di scioperare dinanzi al parlamento svedese, ogni giorno, fino al 9 settembre 2018 (giorno delle elezioni legislative).
Con l’ormai iconico cartellone recitante la scritta Skolstrejk för klimatet (Sciopero della scuola per il clima), Thunberg si fece promotrice di un attivismo ambientalista che nasce dai giovani.
Ogni venerdì, anche dopo le elezioni legislative, Thunberg ha continuato a manifestare per l’ambiente. Ed è così che è nato Fridays for future, movimento ambientalista che continua a coinvolgere milioni di giovani in tutto il mondo.
Anche l’Italia aderisce massicciamente al movimento: solo nel 2019, oltre 100 città italiane hanno protestato contro il riscaldamento globale e il cambiamento climatico.
Ma veniamo al dunque. Greta Thunberg sta cominciando ad allontanarsi dai riflettori. Perché sta succedendo?
La pandemia ha cambiato molte cose. L’approccio al cambiamento climatico è una di queste. “Grazie” al covid, è stato impossibile organizzare manifestazioni nelle piazze delle maggiori città del mondo e questo ha obbligato gli attivisti climatici ad organizzarsi diversamente. Un bell’articolo del quotidiano statunitense, Politico, spiega come, e soprattutto perché un approccio diverso si rivela necessario.
Tramite piattaforma Zoom, si sono tenuti i “digital strikes”, connettendo finalmente persone da tutto il mondo. Internet a volte è magico, ed estremamente utile. Gli europei si sono resi conto di una cosa: mentre in Europa e (in parte) negli Usa si discute del futuro, in Asia e in Africa si parla di presente.
I cambiamenti climatici in questi continenti sono già un dato di fatto, sotto gli occhi di tutti. Aree del mondo con climi di per sé (a prescindere dal cambiamento climatico) tendenzialmente estremi stanno subendo tuttora terribili conseguenze. Ma noi occidentali non lo sapevamo.
Il confronto con ragazzi da altre parti del mondo (come Filippine, Uganda, India) ha spiazzato i giovani europei. Per esempio: Mitzi Jonelle Tan, la convocatrice di Youth Advocates for Climate Action Philippines e uno degli organizzatori di Fridays for Future, ha parlato di un suggerimento poco adeguato al suo paese.
Per ovviare alla minaccia causata dai tifoni durante la fine del 2020 nelle Filippine, gli attivisti occidentali suggerivano di riempire la vasca di acqua del rubinetto, nel caso in cui il tifone avesse bloccato le persone all’interno della propria casa. Ma Tan ha scioccato gli occidentali: le vasche sono solo per persone ricche e nelle Filippine l’acqua dal rubinetto non è potabile.
Questa consapevolezza di profonde differenze tra occidentali e non, ricchi e non ha condotto ad un nuovo approccio da parte dell’ormai iconica attivista svedese. Peccato che i media non se ne vogliano fare capaci.
Se durante i primi anni del suo attivismo Thunberg si focalizzava sugli scienziati non ascoltati dai politici (ricordiamo che la scienza parla di riscaldamento globale da almeno 30 anni), adesso il focus è sulle aree già afflitte dalle conseguenze del cambiamento climatico.
Assodata, quindi, e mai più (si spera) messa in discussione l’autorità scientifica, attualmente l’approccio è più sociale.
C’è, però, un altro grave problema. La democrazia non è scontata in tutte le aree del mondo. In alcuni luoghi, il manifestare non è un diritto. Disha Ravi, attivista dall’India, nel febbraio del 2021, ha partecipato ad una manifestazione da parte di agricoltori indiani contro le nuove riforme sull’agricoltura.
Thunberg ha sostenuto con un tweet la giovane Ravi, alla quale questa manifestazione di solidarietà è costata cara. Il governo indiano ha, venendo a conoscenza del tweet di Greta, arrestato Davi per nove giorni, con l’accusa di cospirazione contro il governo. Tuttora l’attivista indiana non può sbilanciarsi troppo sulla protesta, ma una cosa l’ha capita e resa nota: essere un attivista del cambiamento climatico cambia di paese in paese. E questo l’ha capito anche Greta.
Ci sono stati altri episodi, onestamente imbarazzanti, in cui i media hanno mostrato un’attenzione ossessiva per Thunberg e il suo appeal verso il pubblico, e non per gli altri attivisti. Ad esempio: durante una conferenza organizzata da Fridays for future erano presenti sia Thunberg che altri sei giovani attivisti. L’attivista svedese aveva apertamente richiesto ai media di ascoltare i colleghi, ma la telecamera continuava ad essere puntata verso di lei, costringendo la ragazza ad avere di nuovo tutta l’attenzione verso di sé.
Anche durante la COP25, a Madrid, svoltasi nel 2019, Thunberg cercava di far intervenire i giovani attivisti, ma non è stato possibile.
Il cambiamento climatico acuisce le disparità. Non tutte le aree del mondo stanno già subendo le conseguenze (disastrose) del cambiamento climatico. Più di 3 miliardi di persone, tra le aree più povere al mondo, soffriranno di grosse problematiche, se la temperatura globale dovesse andare oltre l’1.5˚.
Greta Thunberg spera in un’alleanza con gli attivisti di tutto il mondo, al fine di superare le barriere sociali. Thunberg è pronta e volenterosa a spostare l’attenzione da sé stessa, ma lo saranno anche i media? Invece di concentrarsi sul personaggio, pur straordinario, i media dovrebbero cominciare ad ascoltare tutti gli attivisti ambientalisti. Ma qualcosa sembra che stia cambiando.
Vanessa Nakate, attivista ugandese recentemente inserita dalla BBC nella lista delle 100 donne più influenti del 2020, ha riscosso una grande popolarità. E per fortuna: l’Africa è il continente più colpito in assoluto dalla crisi climatica, eppure, sostiene Nakate, è quello che riceve anche meno attenzione. L’Africa è un continente dipendente soprattutto dall’agricoltura, e i disastri climatici rendono tutto estremamente difficile per la popolazione africana. I disastri ambientali provocano sfollamenti, migrazioni, maggiori violenze di genere, conflitti armati, diffusione di malattie…
Attualmente, Nakate è un’attivista influente, ma a quanto pare la sua forza non basta. Pochi giorni dopo la COP25 al World Economic Forum, a Davos, Nakate ha reso noto un fatto scandaloso: un giornale locale aveva tagliato da una foto di quattro donne bianche (tra cui Thunberg) proprio Vanessa. L’attivista ugandese ha poi reagito affermando che in quest’occasione ha compreso davvero cosa sia il razzismo.
Perfino il cambiamento climatico, agghiacciante conseguenza dell’azione umana, che dovrebbe preoccupare tutti, sembra dividere il mondo in serie A e serie B, in attivisti degni di attenzione (ma solo perché fanno vendere) e quelli meno interessanti. Fa bene, quindi, Thunberg, a voler lasciare spazio (pur continuando la sua battaglia, da lei resa, d’altronde, così forte) ai colleghi di tutto il mondo. Perché ricordiamocelo: la Terra è la casa di tutti noi, ma proprio tutti.
Aurora Scarnera
Leggi anche: Sempre meno neve e le Alpi sempre più verdi