Andromaca su tela. Quando il mito incontra l’arte
Andromaca è uno dei personaggi più noti del ciclo omerico ma non solo.
Da Euripide a Virgilio fino a Natalie Haynes, la principessa Tebana ha sempre avuto voce. Una voce, sì, rotta dal pianto.
Figlia di Eezione, Andromaca vede la sua famiglia essere completamente sterminata per mano di Achille, l’eroe Acheo che gli porterà via anche il marito.
Sposa fedele ed innamoratissima di Ettore, era allo stesso modo ricambiata tanto che i due diventeranno simbolo per antonomasia di un amore da favola. Che in realtà si trasforma in una tragedia.
Ettore, primogenito di Priamo ed Ecuba e principe ereditario, non può astenersi dallo scendere sul campo di battaglia.
Abilissimo militare, Ettore ha però contro di sé gli Dei che, capricciosi e infantili, segnano il suo nefasto destino.
Per Andromaca le disgrazie non finiscono qui: vedova e senza figli – Astianatte viene infatti gettato dalle mura di Troia da quel simpatico imbroglione giramondo di Ulisse – viene fatta schiava da Neottolemo, figlio di Achille.
Quando si dice che il fato si accanisce.
La cosa scatena le gelosie di Ermione, figlia di quella Elena che aveva scatenato la guerra.
Per dire.
Insomma, le disgrazie di Andromaca sembrano avere fine solo grazie a Virgilio quando, nel III libro dell’Eneide, Enea la incontra finalmente serena, accanto all’altare che ha innalzato per Ettore.
Il suo vero, unico, grande amore.
Andromaca nell’arte
Fino ad ora abbiamo citato le vicende letterarie di Andromaca ma l’eroina omerica ha rivestito un ruolo importante anche nell’arte.
Diverse sono le tele che rappresentano diversi episodi della vita di Andromaca.
Jacques Louis David sceglie di dipingere il compianto sul corpo di Ettore defunto.
Una tela dallo sfondo scuro, che rappresenta l’atmosfera di lutto che anima la scena.
L’eroe troiano sembra quasi dormire vegliato dal piccolo Astianatte e da Andromaca che non guarda il marito ma lo indica quasi come lo stesse presentando.
Jacques Louis David vive ai tempi della Rivoluzione Francese, Rivoluzione che non vede di buon occhio il morire per una patria lasciva e ingorda.
Cosa che invece ha fatto Ettore.
Il dolore di Andromaca è un dolore composto, dignitoso. Da degna principessa.
Completamente diversa è l’opera di Giorgio De Chirico.
Tra i più grandi esponenti della pittura metafisica, De Chirico subisce il fascino dell’episodio omerico e lo rappresenta in un olio su tela conservato ad oggi nel Politecnico di Milano.
La scena rappresentata dall’artista si scosta da quella di David: De Chirico racconta l’ultimo tenero abbraccio in cui si stringono i due amanti.
L’episodio delle Porte Scee è sicuramente uno dei più toccanti di tutta l’Iliade e De Chirico sembra essere riuscito, nonostante appunto uno stile tutt’altro che classico, a rappresentare la tenerezza dei due giovani che sanno che forse quello sarà il loro ultimo abbraccio e per questo lo protraggono il più possibile.
L’ultimo e – non posso negarlo – il mio preferito, è il capolavoro di Roberto Ferri, un artista che si sta facendo ampiamente strada nel mondo dell’arte.
Ferri racconta il dopo.
Quando Ettore non c’è più e neanche il suo corpo su cui piangere.
Il muro che li divide non è altro che il limine tra la vita e la morte.
Ma l’amore è più forte.
E così Ettore o meglio, il suo braccio, riesce a stringere Andromaca in un potentissimo abbraccio.
Come a dirle che lui sarà sempre lì per l’amore della sua vita.
Che neanche la morte potrà separarli.
Maria Rosaria Corsino
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