Mare Libero e pulito per tutte le persone!
D’estate (e d’inverno) al mare… se te lo puoi permettere
Il mare rappresenta un fortissimo elemento identitario. Ogni cittadino sviluppa un grande rapporto esso sin dalla tenera età, soprattutto se ci vive vicino: finita la scuola vai a farti un bagno, dopo un esame estenuante ti stendi sulla spiaggia, magari vicino al mare decidi anche di fare il servizio fotografico del tuo matrimonio. Insomma il mare mio è parte di una dimensione individuale quanto collettiva.
Eppure il mare e la spiaggia sono da sempre oggetto di contesa tra bagnanti e interessi di privati.
Secondo la normativa italiana le spiagge costituiscono beni demaniali, ovvero beni dello Stato italiano e del popolo stesso, che possono essere concessi ai privati per un determinato periodo di tempo, con la possibilità di crearvi uno stabilimento balneare. Fino al 2022 la normativa italiana stabiliva che la durata di queste concessioni potesse essere potenzialmente infinita, il che suscitato la tendenza al rinnovamento automatico della concessione sempre allo stesso privato, senza ricorrere nuovamente a un bando di gara. La normativa è quindi recentemente stata rimessa in discussione, proprio per ovviare a tale problema.
Ma c’è di più. Sempre da normative di legge, la battigia, cioè quella parte di spiaggia distante fino a 5 m dal limitare del mare, è libera e balneabile da chiunque e non può essere data in concessione a nessuno (quindi sì, potete stendere il vostro asciugamano di fronte a uno stabilimento privato fino a 5 m dall’inizio del mare). Allo stesso modo secondo la legge n 217 del 15/12/2011 ognuno gode del “diritto libero e gratuito di accesso e di fruizione della battigia, anche ai fini di balneazione”.
Ciononostante, di stabilimenti balneari, che ampliano sempre più i loro confini, posizionano lettini e ombrelloni anche dove non potrebbero o impediscono la balneazione di fronte alla “loro” spiaggia nel caso in cui non si sia clienti si sente parlare da tempo e sono atteggiamenti noti a chiunque abbia mai messo piede in una spiaggia.
È proprio per il diritto al mare e per un mare libero, pulito e gratuito che gli abitanti di Napoli e della regione si battono da sempre.
Si parla non solo di coordinamenti nazionali come Mare Libero, ma di cittadin*, di abitant*, di esseri umani che rifiutano di chiudersi nella categoria di associazione privata e si battono come gocce singole in un’onda che ogni giorno diventa più grande.
La situazione delle spiagge a Napoli è grave: solo il 5% della spiaggia balneabile è libera, ed anche in questa l’accesso è stato contingentato a partire dal periodo Covid (per ragioni di distanziamento sanitario) ed è rimasto tale sino ad oggi, a detta del Comune per motivi di “ordine e sicurezza pubblica”. Per accedervi è quindi necessario prenotare tramite piattaforma digitale e attendere il proprio turno, per poi poter restare solo una quantità limitata di tempo.
L’obiettivo è dunque quello di restituire il mare alla comunità, redistribuendo equamente e soprattutto secondo i limiti di legge le concessioni in modo da vincolare con criteri omogenei i privati e garantire poi il rispetto dei limiti.
Così moltissimi cittadini napoletani si sono riuniti agendo direttamente sul territorio con proteste pacifiche per reclamare quello che è sempre stato un loro diritto ovvero il diritto al mare.
«Siamo creativi: si protesta fuori dagli stabilimenti, premendo per entrare in lidi che sono beni demaniali e in cui abbiamo tutto il diritto di stare. Alle volte arriviamo direttamente sulla battigia con la kanoa. È questa la nostra forza: abbiamo inventiva, fantasia, ma anche molta determinazione» dichiara Rosario Nasti, uno dei attivisti.
Ovviamente ci sono state anche delle iniziative legali con le quali i napoletani (e non solo) hanno protestato contro l’estensione del potere di controllo dello stabilimento Bagni Elena anche all’accesso a una parte di spiaggia libera attraverso un cancello. Il ricorso al TAR è stato presentato dagli attivisti per contestare una delibera della Capitaneria di Porto di Napoli, la quale avrebbe concesso al suddetto stabilimento balneare il controllo all’accesso di una parte di spiaggia libera stabilendone la temporanea chiusura per via della pericolosità dell’area relativa a un “rischio idrogeologico”, rischio tuttavia mai realmente rilevato.
Secondo quanto riportato nella sentenza infatti:
«non risulta agli atti l’invocato “alto rischio idrogeologico” dell’area, il quale non emerge dalla circolare dell’Autorità di Bacino prot. n. 19898 del 2021, richiamata nelle premesse dell’ordinanza n. 83 del 2022 (che non contiene alcuna specifica indicazione in ordine alla sussistenza di un eventuale rischio idrogeologico per la spiaggia libera per cui è causa, rinviando agli eventuali vincoli disposti per ciascuna zona dai Piani Stralcio); […] sarebbe comunque irragionevole, pure in presenza di un reale rischio idrogeologico, rendere impraticabile l’area da ottobre a giugno di ogni anno e non nei tre mesi estivi»
In riferimento all’apertura della spiaggia lungo tutto l’anno, non solamente nei tre mesi estivi, il ricorso è stato vinto dagli attivisti. Il cancello dovrà dunque rimanere aperto dalle 8 alle 19 tutto l’anno, chiudendo la sera per “motivi di sicurezza”.
Due giorni dopo il pronunciamento della sentenza i cittadini napoletani si sono quindi presentati di fronte al cancello della spiaggia, che nonostante l’esito della sentenza si presentava ancora chiuso.
«Abbiamo atteso, facendo pressione perché aprissero. È arrivata la Digos, cui abbiamo presentato la sentenza stampata. A quel punto è stata la Digos stessa a intimare di aprirci il cancello» dichiara Rosario Nasti.
L* attivist* stanno ancora tentando di ottenere un dialogo con il comune di Napoli che tuttavia si mostra poco disponibile. Per ora si è riusciti solamente a parlare con dei funzionari comunali per esporre le proprie richieste. Gli incontri col sindaco o con autorità competenti continuano ad essere posticipati. Un atteggiamento che sembrerebbe far trasparire reticenza da parte delle autorità ad affrontare il tema degli illeciti operati da alcuni lidi privati.
Nel mentre però sempre più spiagge napoletane sfuggono dalle mani dei cittadini venendo di fatto, semi privatizzate. È il caso della bellissima spiaggia della Gaiola, resa Area Marina Protetta dal 2002 per la presenza di un parco sommerso dove non è illegale la balneazione, ma il luogo rimane in concessione per attività private secondo una precisa tariffa in caso di prenotazione.
Insomma un mare che diventa sempre più esclusivo, sfruttato a danno della salubrità del mare e a danno dei cittadini cui appartiene.
«Il mare non bagna Napoli, lo diceva anche Anna Maria Ortese» così conclude Rosario Nasti. Ed ha ragione, un’ombra molto Ortesiana sembra cadere sulle teste dei napoletani, allontanati da un bene che gli appartiene di diritto (legislativo, ma anche naturale). In questo “libro” però i napoletani si ricordano il mare e vogliono tornare a vederlo, pronti a reclamarlo con tutte le forze.
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Sofia Seghesio