Saremmo fatti del 90% d’acqua… se fossimo cocomeri!
L’anguria: il dolce senza zucchero. O quasi.
Amo i sinonimi. Credo che offrano una lettura variegata, in particolar modo nei testi scientifici o divulgativi che, altrimenti, rimarrebbero indigesti allo sguardo dei non addetti ai lavori (ma pure agli addetti, diciamocelo). Se si parla di anguria – pianta che affonda le radici vegetali nelle terre africane e quelle etimologiche nel veneziano – o di cocomero – nome tipico dal Centro al Sud e più indicato per tutto lo Stivale – si parla sempre di Citrullus lanatus o Cucumis citrullus, (falso) frutto (detto “peponide”) dalla buccia liscia che ricorda un’invidiosa tigre obesa di decine di chili (oltre ai sinonimi, amo molto viaggiare con la fantasia).
Spesso ci si confonde col più piccolo “melone” (Cucumis melo), dalla buccia rugosa e dalla polpa aranciata, probabilmente perché nel Seicento i fiorentini chiamavano l’anguria col nome di “mellone” (frutto simile al cedrulo ma più sciapito), terminologia rimasta nel vernacolo sudista: “melone (o mellone) d’acqua” (il vero melone è detto “di pane”).
Il genere “Citrullus” ricorda un altro vegetale, il cetriolo, detto Cucumis sativus, il cui nome ricorda il cocomero… i botanici evidentemente hanno un senso dell’umorismo sopraffino, o vogliono ricordarci che entrambi condividono lo stesso legame familiare, facendo parte entrambi delle Cucurbitacee.
Tornando al nostro fruttifero simbolo dell’estate, ricordando il vecchio adagio che “ogni frutto è utile nella stagione in cui matura”, esso lo ha preso un po’ troppo a cuore: l’anguria infatti contiene circa il 90% d’acqua, per la gioia del rifocillamento idrico delle Miss e dei Mister Maglietta Sudata (di cui sono ogni estate orgoglioso e odoroso vincitore).
Dopo una sessione sportiva bella intensa o semplicemente per chi soffre di crampi muscolari o spossatezza, 100 grammi di cocomero apportano circa 120 mg di potassio, che migliorano l’eccitabilità nervosa e aumentano il recupero post-work out.
Un frutto ipocalorico e particolarmente utile: 20 kcal circa ogni 100 grammi; 5 grammi circa di zucchero (di cui quasi la metà fruttosio) ogni 100 grammi; la presenza di uno specifico amminoacido, la citrullina, che pare migliori l’erezione… Prima di prendere d’assalto i trerruote dei venditori ambulanti di frutta e verdura in giro per l’hinterland napoletano per dimostrare vero amore alle vostre dolci metà, tenete a mente i famosi “100 grammi”. Tagliate una fetta di anguria e pesatela. Fffatto? Bene (cit.)!
Generalmente, una fetta generosa d’anguria arriva a pesare anche mezzo chilo. Quindi, quasi mezzo litro d’acqua che è sì utile a chi durante la giornata pilucca e non beve, ma che contiene comunque circa 25-30 g di zucchero che, aggiunti agli zuccheri aggiunti a/“nascosti in” pasti e bevande (3-5 biscottini, una spruzzata abbondante di ketchup o un succo di frutta da 200 mL raggiungono tale quantitativo da soli!) , non sono proprio il massimo per chi, per esempio, soffre di insulino-resistenza o ritenzione idrica (in aggiunta, le linee guida dell’OMS stabiliscono il limite massimo di assunzione giornaliera di zuccheri a 50 g).
Quindi abbiamo risposto a chi dice che l’anguria è “tutta acqua”. Di sicuro non lo è, ma sicuramente una fetta di cocomero è meglio di uno snack che è “tutto zucchero”.
La citrullina, poi, estratta per la prima volta proprio dal cocomero, sarà anche amica della mascolinità (e dell’eliminazione dell’ammoniaca dall’organismo), ma la miglior percentuale è contenuta nella parte bianca e dura e meno digeribile del cocomero, quella attaccata alla parte interna della scorza, e solo in piccolissima parte nella polpa (che è rossa, ma può essere anche arancio, gialla o addirittura bianca).
Mantenere l’erezione sarà un’impresa, e con lo stomaco appesantito diventa titanica, miei cari roccosiffrediani lettori (si vede che amo anche i neologismi fantasiosi?).
Anche la vecchia storia dei semi che contengono proteine è da chiarire: una zuppiera colma di semi di cocomero può apportarne buone percentuali, ma sentirsi delle maracas pesanti come scogli nell’intestino difficili da espellere potrebbe minare il buon umore mattutino e non solo. Limitarsi ai semi di una fetta, ben masticati, potrebbe aiutare a smuovere il contenuto fecale del crasso, ma meglio non rischiare infiammazioni inutili.
Cosa fare, quindi, con l’anguria?
Mangiarla, direi. E con gusto: aumenta la sazietà, quindi per gli attacchi di fame nervosa è una carezza amorevole.
Coltivarla, potendo. Se non avete la fortuna di possedere un ettaro di terra per uso agricolo ma un balcone soleggiato, conservatevi i semi e piantateli in un vaso con un buon diametro (50 cm almeno).
Se non avete la fortuna di possedere un balcone lungo, costruite una struttura verticale (con tutori tipo canne di bambù e fili resistenti come quelli da pesca) e lasciate “arrampicare” la pianta: essendo “strisciante”, si spingerà verso l’alto e, dandole la giusta dose d’acqua e premura, sembrerà un albero di Natale in piena estate con le sue palle verdi a strisce scure.
Sperimentarla, volendo. Pare che in America abbiano creato un nuovo piatto: l’anguria affumicata. Si vende come prosciutto, e ogni fetta arriva a costare sino a 75 dollari.
Bizzarria? Come si dice: de gustibus non est disputando i semi!
Antonio Liccardo