Un giorno a Procida
Un giorno a Procida è un viaggio sensoriale fatto di sguardi indiscreti, intrusioni tra i limoneti di casali decadenti e pance tirate al passaggio di bici che sfrecciano veloci nelle anguste stradine lastricate. Siete pronti a perdervi nel suo fascino aspro e senza tempo?
Questa lingua di terra sospesa nella sua autentica rusticità è la più piccola isola del Golfo di Napoli, con una superficie di soli 16 km che si estende tra Monte di Procida e Ischia.
Unica nella sua indole taciturna, gelosa delle sue tradizioni e lontana anni luce dal turismo massivo di Capri e Ischia, Procida è un mosaico variopinto di casette arroccate e frutteti profumati da cui intravedere scorci di mare e rocce a strapiombo sull’acqua cristallina. È il luogo dove lo straniero viene travolto da scenari intimi ormai desueti, ammirando con infantile stupore la rara bellezza delle cose semplici e incorrotte.
Solo recentemente la sua atipica amenità sta avendo risonanza più ampia, attraendo persino artisti paesaggisti del lontano Oriente, come il Giappone, che ha inserito Procida nella classifica delle 30 imperdibili meraviglie da scoprire in Europa.
Proprio perché piccola e facilmente percorribile a piedi, va scoperta lentamente, partendo dal profilo frastagliato della costa, fino a raggiungere gli alberi di fico tra i vicoli di campagna, lasciandosi abbandonare al ritmo flemmatico della sua quotidianità rituale.
La Marina Grande, simile ad una tavolozza di colori con le sue tinte pastello, è la prima ridente cartolina dell’isola visibile dal mare, dominata dalla merlatura rosata di Palazzo Montefusco e dall’inconfondibile campanile barocco della Chiesa della Pietà.
Il molo d’approdo è il cuore commerciale in cui sostare per uno shopping veloce – Via Roma è un tripudio di boutique e botteghe artigiane – o per spizzicare le specialità culinarie procidane.
Imperdibili le lingue di Procida – delle sfoglie glassate di zucchero e ripiene di crema al limone o al cioccolato – e l’insalata di limoni, un antico piatto della tradizione isolana realizzato con i succosi limoni locali conditi con una salsa a base di aglio, cipolla, olio, mentuccia, peperoncino, sale e crostini di pane cafone.
Dal piazzale del porto ci si addentra nel cuore pulsante e misterico di Procida, fatto di vicoli senza sole e forni antichi che sfornano pane caldo h24, “bassi” dall’arredamento spartano e fiori selvatici raccolti in barattoli di latta sui davanzali delle finestre.
Da Via Vittorio Emanuele – dove è possibile rifornirsi di frutta fresca di stagione nei piccoli alimentari a carattere familiare – ci si dirige quindi verso la parte settentrionale dell’isola, verso la spiaggia del Pozzo Vecchio, la baia a ferro di cavallo divenuta luogo di culto poiché scelta da Michael Radford per girare alcune scene de “Il Postino”.
La pellicola, che ha reso noto nel mondo questo piccolo gioiellino del golfo partenopeo, rappresenta il testamento spirituale di Massimo Troisi, l’amatissimo attore napoletano scomparso prematuramente il 4 giugno del 1994, esattamente il giorno dopo aver concluso la sua esperienza sul set cinematografico procidano.
Dopo un tuffo lì è consigliabile spostarsi vero il litorale occidentale della Chiaiolella, comodamente raggiungibile a piedi o in navetta. Si tratta della più ampia spiaggia dell’isola, dal fondale basso e la sabbia scura, rivolta verso Ischia e con vista a perdita d’occhio sul mare.
È delimitata da due faraglioni in tufo da un lato e dall’altro dall’isolotto di Vivara, una virgola di suggestiva macchia mediterranea che fa parte dell’area marina protetta “Regno di Nettuno”, riaperta al pubblico da un paio d’anni e visitabile su prenotazione. Collegata a Procida da un ponte in cemento armato attaccato alla collina di Santa Margherita, è attualmente disabitata, ma esiste un programma di escursioni per scoprire il suo patrimonio naturalistico e storico-archeologico.
Si suggerisce un giro in kayak – oggi possibile grazie alla neo-associazione “ASD Kayak Procida” – per un’esperienza immersiva tra gli scorci e le calette della zona, ed è super consigliata anche una mangiata a base di pesce nella terrazza sul mare di “Girone”, ristornate pizzeria situato proprio sulla marina della Chiaiolella.
Ma l’ultima, imprescindibile tappa che, chiunque abbia messo piede su questa splendida terra, proprio non può depennare dalla lista delle cose da vedere, è la Corricella. Lasciata per ultima – poiché più godibile al tramonto – è uno spettacolo architettonico simile a un presepe multicolore a picco sul mare.
Si tratta di un borgo di pescatori in cui il tempo trova una frequenza fuori da quella ordinaria, scandito dal movimento esperto con cui i pescatori intrecciano le reti, dalla loro assorta contemplazione dell’orizzonte e dalle rughe della loro pelle arsa dal sole.
Lo scenario è tutto un puzzle di cupole, gradinate e “vefi”, i caratteristici balconi coperti da archi di origine araba, che danno vita ad un complesso edilizio unico (non a caso scelto anche per girare spot di famosi marchi, tra cui Dolce&Gabbana, e il già citato film di fama mondiale “Il Postino” con Massimo Troisi e Maria Grazia Cucinotta).
“La Locanda del Postino” è il luogo che più di tutti sembra essere rimasto intrappolato in quel fortunato 1994, tappezzato com’è di foto con i due attori protagonisti e di immagini autografate ai tempi delle riprese, oltre che essere la meta prescelta dai turisti per rifocillarsi con fritture di paranza e delizie al limone.
Possiamo infine non citare la Terra Murata? Si tratta del primo nucleo abitativo dell’isola a 90 metri sul livello del mare, un borgo fortificato cinto da mura cinquecentesche in cui i procidani erano soliti rifugiarsi durante le scorrerie dei Saraceni.
Sorge a ridosso della Corricella, che si può ammirare dal suggestivo belvedere, ed è un dedalo di viuzze e case addossate le une alle altre, con pochissime aperture verso l’esterno. Ne è un esempio Casale Vascello, la zona più autentica dell’isola in cui le case color pastello sono strutturate in un unico blocco architettonico, come a voler impedire il passaggio dei nemici.
Questo fatiscente borgo di cupa e lugubre bellezza merita una visita anche solo per Palazzo d’Avalos, scuola militare ed ex-carcere borbonico, e per la millenaria Abbazia di San Michele Arcangelo (patrono dell’isola), ornata con uno splendido soffitto a cassettoni in legno ed oro zecchino con al centro dipinto San Michele che sconfigge Satana. Qui è possibile vedere anche il complesso museale, che si sviluppa nei tre piani sottostanti con una vista a strapiombo sul mare e un panorama mozzafiato sulle altre isole.
Francesca Eboli