Aung San Suu Kyi, faro lucente per una Birmania immersa nelle tenebre
Aung San Suu Kyi è unanimamente considerata un personaggio politico chiave del nostro tempo, per l’esempio di dedizione, passione e competenza che l’ha portata a difendere i diritti civili e sostenere dure battaglie contro il regime militare della Birmania.
Nata a Rangoon nel 1945, il padre Aung San fu generale, membro del partito Comunista, che ebbe un ruolo importante nell’indipendenza della Birmania dal Regno Unito, venne poi ucciso da avversari politici.
La madre Khin Kyi divenne una importante politica e fu ambasciatrice in India. Aung San Suu Kyi, insieme ai fratelli, la seguirà nei suoi spostamenti; compie infatti i suoi studi all’estero prima in India e poi in Inghilterra, dove frequenta la prestigiosa università di Oxford conseguendo la laurea nel 1967.
Trasferitasi a New York, lavorò per le Nazioni Unite ed incontrò Michael Aris che sposò nel 1971.
Nel 1988 a causa della malattia della madre, torna in Birmania per assisterla e comincerà la sua attività politica.
In quel periodo il paese era scosso da violente rivolte popolari contro la dittatura militare, si calcola che nella repressione degli scontri ad opera dei militari siano morte più di 3000 persone.
Aung San Suu Kyi decide quindi di impegnarsi attivamente nella politica per avviare il processo di democratizzazione sfidando il regime militare.
Dopo la decisione della giunta militare al potere di indire nuove elezioni multipartito, Suu Kyi fonda la Lega Nazionale per la Democrazia, LND, il 27 settembre 1988 e viene eletta segretario generale del partito. In quei mesi tiene comizi in varie parti del paese sebbene la proibizione da parte del regime.
Alle elezioni del 1990, la Lega Nazionale per la Democrazia trionfa ma i militari continuano a tenere il potere ed annullano il voto, impedendo la formazione del nuovo governo. Aung San Suu Kyi fu posta agli arresti domiciliari che dureranno fino al 1995.
Le fu assegnato il premio Sakharov per la libertà di pensiero e l’anno dopo nel 1991 il premio Nobel per la pace.
Tra il 1995 e il 2003 anche grazie alle pressioni di Stati Uniti ed Europa, le fu concessa maggiore libertà e ricominció ancora più attivamente il suo impegno politico, proprio per questo nel 2003 i militari ordirono un attentato a lei e a molti sostenitori dell’LND, 70 furono gli attivisti uccisi.
Aung San Suu Kyi, scampata al massacro per merito del suo autista, fu arrestata e posta nuovamente agli arresti domiciliari fino al 2007.
Nel 2008 il Congresso degli Stati Uniti l’ha insignita della Medaglia d’oro del Congresso.
Nel 2010 ottiene la libertà e l’anno dopo con l’instaurazione di un governo civile si candida alle elezioni, viene eletta con l’82% dei voti e l’LND diventa il principale partito di opposizione.
Nel 2015 anno importante per la Birmania, si svolgono le prime elezioni libere del paese e l’LND trionfa ottenendo il 70% dei voti. Htin Kyaw viene nominato presidente al posto di Aung San Suu Kyi, in quanto, per una legge della Costituzione, chiunque sia sposato con un cittadino straniero non può ricoprire tale carica; a lei furono conferiti l’incarico di Ministro degli Esteri e Consigliere di Stato.
Il massacro perpetrato dall’esercito alla minoranza Rohingya in quegli anni fu duramente condannato dalla comunità internazionale e nel paese, provocando un calo di consensi all’LND ed ombre sulla figura di San Suu Kyi per non aver impedito che ciò accadesse.
Nel 2020 si sono svolte le ultime elezioni libere del paese, ed ancora una volta l’LND ottiene la maggioranza. Pochi mesi dopo, nel febbraio del 2021, i militari attuano un colpo di Stato che dura tuttora.
Perpetrando violenze e sopprimendo con forza le molteplici rivolte sorte fin da subito, i militari hanno portato la Birmania in un continuo stato di tensione con una crisi umanitaria che vede carenza di cibo, cure mediche ed istruzione.
Aung San Suu Kyi ed altri esponenti del partito sono stati immediatamente arrestati. Le accuse architettate dai militari sono banali e con evidenza inventate appositamente per eliminare gli oppositori. Sono stati accusati di importazione illegale di walkie-talkie, violazione delle regole anti Covid, corruzione e brogli elettorali.
Aung San Suu Kyi è stata sottoposta a 5 processi ed è tuttora agli arresti, l’ultima udienza si è svolta il 6 settembre scorso e la pena al momento risulta essere di 20 anni di carcere.
La luce che Aung San Suu Kyi e i suoi collaboratori hanno portato con il loro operato nella Birmania, introducendo la democrazia in un paese da sempre immerso nelle tenebre della dittatura militare, difficilmente andrà via. Lo dimostra la ferrea volontà del popolo Birmano, che ad un anno e 9 mesi di distanza dal golpe continua a lottare per la libertà.
Beatrice Gargiulo
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