Esprimi un desiderio
La nuova Sirenetta di Walt Disney è nera.
Così come per Ariel, liberata dalla prigionia della sua coda di pesce, anche Walt Disney risale in superficie. Lo fa e grazie ad una principessa, permeata dall’ombra del compromesso, dal fatto di dover rinunciare a qualcosa per ottenere qualcos’altro.
Colpita e affondata ancor prima di iniziare.
Se dovessi pensare al mio buongiorno immaginario ci sarebbe la sveglia tardi, il caffè pronto e a letto, il sole che entra dalla finestra, la macchina con il volume altissimo che ci porta al mare, la birra fredda, il pranzo con i piedi sulla sabbia con G.
Dobbiamo solo aspettare. Ogni cosa al suo tempo. Intanto buone nuove da Italia e mondo. Mentre i tradizionalisti hanno pensato bene di rifiutare l’idea di una Black Ariel, i video online ci mostrano quanto sia stata importante la scelta del casting Disney.
La rappresentazione può e deve combattere gli stereotipi negativi e offensivi, e promuovere quindi, la consapevolezza, e educare le persone sulle diverse culture.
Sui social, oltre alle molte critiche razziste e alla polemica portata avanti da chi sostiene che Ariel debba avere per forza la pelle bianca e che sia stata scelta un’attrice nera solo per assecondare quello che è il «politicamente corretto» e pure la diversity, le madri delle bambine nere hanno condiviso le reazioni delle loro figlie al trailer de La Sirenetta che debutterà nel 2023.
È nera.
Questa è Ariel?
È nera! Mamma, è nera!
Lo hanno fatto.
È la sirenetta? Oh è una sirena nera.
Penso sia di carnagione scura.
Quando la tua principessa Disney preferita ti assomiglia.
Penso che sia Brown! Marrone Ariel!
È carina.
Siete sicuri che sia quella vera?
È come me.
Mamma è nera come me.
Lei è nera! Sìì!
È una ragazza nera.
Che tutte voi, bambine mie, possiate avere un modello cui guardare e ispirarvi per sentirvi meno sole; una nuova finestra su un mondo ancora troppo bistrattato, dominato dalla paura e dalla distruzione.
I bambini crescono con l’amore. Lo diceva pure Letta alla Meloni giorni addietro. Questo significa custodire non solo i bambini ma anche le relazioni e il mondo nel quale vivranno, educandoli e trasmettendo loro quanto necessario affinché possano fare lo stesso.
La pelle, se ci fermassimo a pensare, se sapessimo ascoltarla, ci offrirebbe un dialogo continuo. E allora, partiamo dall’inizio, e proviamo a scoprire cosa ci insegna questa storia riguardo i temi della diversità, del disagio, del pregiudizio e del contatto.
Andiamo oltre l’etichetta di questa malattia mentale perché è soltanto questo. E se solo riuscissimo a crederlo avremmo già fatto mille e più passi verso l’altro.
Piangendo come se fossero tutte figlie mie.
Francesca Scotto di Carlo
Vedi anche: Ci sono giorni in cui solo il mare funziona