La vera storia di Mo Farah
“L’uomo non può essere una merce, non può essere privato della sua libertà”, Nadia Murad, attivista per i diritti umani.
Questa è la storia di un campione, ma soprattutto di un uomo, che ha dovuto combattere per diventare libero. Libero di vivere e di fare della vita ciò che veramente voleva e che lo faceva star bene.
Questa è la storia di Hussein Abdi Kahin, da tutti conosciuto come Mo Farah.
Mo Farah è un campione olimpionico, che dopo anni dalla sua attività agonistica nell’atletica leggera ha dichiarato, in un documentario della BBC – intitolato The Real Mo Farah – di essere stato portato illegalmente nel Regno Unito all’età di nove anni.
Il mezzofondista è, in realtà, originario della Somalia ed è stato trasportato in UK in aereo da una donna che non conosceva. Qui gli è stato dato il nome di Mohammed Farah, e successivamente è stato costretto a prendersi cura dei figli di un’altra famiglia.
Inizialmente, Mo Farah aveva dichiarato di essere arrivato nel Regno Unito insieme ai genitori come rifugiati ma solo in un secondo momento ha affermato che i genitori non sono mai stati nel paese anglofono.
La verità è che il padre venne ucciso durante i disordini civili in Somalia quando Farah aveva solo quattro anni, mentre la madre e i due fratelli vivono nello stato del Somaliland, territorio autonomo non riconosciuto internazionalmente.
La sconosciuta che lo aveva accompagnato nel Regno Unito gli aveva detto che sarebbe andato a vivere da dei parenti, che il suo nome era Mohamed in quanto aveva dei documenti falsi con la sua foto accanto al nome “Mohamed Farah”.
Ma non è tutto: la donna che lo aveva accompagnato, ha preso un pezzo di carta con i dati dei suoi parenti, strappato e buttato nel cestino. Fu allora che il mezzofondista ha capito di essere nei guai.
Nel documentario della BBC ha, oltretutto, raccontato di essere stato costretto a svolgere lavori domestici e di assistenza ai bambini, senza far mancare minacce in cui gli si vietava di raccontare la sua disavventura altrimenti non poteva rivedere la famiglia.
L’anno prima di sposarsi, nel 2010, la moglie Tania aveva notato che c’erano dei pezzi mancanti alla sua storia. Dopo avergli fatto molte domande, Farah ha ceduto e le ha raccontato la verità. Inoltre, è stato grazie ai figli se il campione olimpico è riuscito a dire la verità sul suo passato.
In tutto questo incubo che sembrava non aver fine, Mo Farah è stato salvato dall’atletica leggera.
Quando faceva educazione fisica, l’insegnante Alan Watkinson notò come l’umore del ragazzo cambiasse ogni qualvolta era sulla pista da corsa. Farah ha poi affermato che è stata l’atletica a permettergli di evadere.
Quando il quattro volte campione olimpico ha confessato la verità sulla sua storia a Watkinson, quest’ultimo ha informato le autorità locali, richiedendo, inoltre, la cittadinanza britannica di Farah.
Definito da Watkinson un “lungo processo”, la cittadinanza britannica dell’atleta è stata riconosciuta il 25 luglio 2000.
Irene Ippolito
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