Misteri dal mondo: Isola di Pasqua
Situata nel pacifico meridionale, a 3600 km dalle coste del Cile, a cui appartiene politicamente, è uno degli insediamenti abitati più isolati del pianeta.
È un’isola vulcanica formata sostanzialmente da tre vulcani spenti, il Terevaka, che costituisce la parte centrale dell’isola, e due vulcani più piccoli: il Poike nella parte orientale dell’isola, e il Rano Kau nella parte meridionale.
Nella lingua locale è conosciuta con il nome di Rapa Nui, (grande roccia), mentre l’appellativo “isola di Pasqua” nasce per una ragione abbastanza banale: il primo a sbarcare sull’isola fu Jakob Roggeveen, la Domenica di Pasqua del 1722.
Una terra avvolta da misteri, dove la vita è arrivata con fatica e l’emblema di questi misteri sono sicuramente i Moai, statue monolitiche, cioè ricavate da un unico blocco, di tufo vulcanico, in questo caso, che raffigurano volti umani; alcune di queste sculture hanno sulla propria sommità anche un capricapo (pukao), ricavato da un altro tipo di tufo di colore rossastro.
L’età esatta delle figure è ancora tutt’oggi causa di controversie, ma poco tempo fa è stato stabilito che non hanno affatto più di 1500 anni. L’Archaeological Survey and Statue Project dal 1969 al 1976 ne ha determinate 887, ma probabilmente erano originariamente oltre 1000. Alti dai 3 fino ai 10 metri (ne esiste uno, peraltro incompleto, di 21 metri), spesso è visibile solo la parte superiore delle statue, ma al di sotto è quasi sempre presente un corpo interrato; sul dorso delle statue sono incisi simboli, ancora non del tutto decifrati in particolare la “falce” detta Vaka, che potrebbe rappresentare una canoa.
Probabilmente questi simboli incisi sulle statue indicano l’identità dell’artista, o del gruppo, proprietario dell’opera; quelli più alti hanno un peso che può variare dalle 70 alle 80 tonnellate.
Il significato dei Moai è ancora oggi poco chiaro ed esistono ancora molte teorie a riguardo. La teoria più comune è che le statue siano state scolpite dai polinesiani abitanti a partire dall’anno 1000 d.C.
Il significato più condiviso tramandato dagli attuali discendenti maori è quello di essere statue augurali portatori di benessere e prosperità, lì dove si volge il loro sguardo. Per questo nell’isola di Pasqua sono tutti rivolti verso l’interno dell’isola, per proteggere la terra e coloro che l’abitavano.
Si ritiene inoltre che i piccoli moai siano le rappresentazioni degli antenati defunti o di importanti personaggi della comunità, a cui vennero dedicate come segno di riconoscenza, mentre per quelli grandi tra le tante spiegazioni possibili vi è anche quella a sfondo religioso.
Un rito praticato sull’isola era quello del Tangata Manu legato al culto dell’Uomo-Uccello. Questa festa religiosa era dedicata alla divinità Makemake, le tribù ogni anno sceglievano un guerriero valoroso che si sfidava con altri guerrieri per provare il proprio coraggio; questi partivano dal villaggio di Orongo e si tuffavano in mare in mezzo gli squali, dirigendosi verso l’isolotto di Motu Nui.
I valorosi dovevano raccogliere il primo uovo deposto dalla sterna fuligginosa e tornare indietro a nuoto per consegnare il premio al Gran sacerdote. Il vincitore diventava, l’Uomo-Uccello, il Tangata Manu della tribù, titolo di prestigio che permetteva particolari vantaggi e privilegi a lui e al suo capo villaggio, nonchè a tutto il suo clan.
Ada di Domenico
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