Onicofagia vattene via!
Cause e possibili rimedi ad uno dei più frequenti disturbi compulsivi.
Ciao, sono Valentina, ho 34 anni e sono un’onicofaga. Lo sono da sempre.
L’onicofagia è da quando ne ho memoria una compagna fedele: è cambiata negli anni, è divenuta meno devastante, più tollerabile, ma da sempre rende ogni mio momento di stress, apprensione, preoccupazione immediatamente visibile, chiaramente decifrabile agli occhi altrui.
L’onicofago, per intenderci, è colui che in momenti di stress, in maniera del tutto inconsapevole e istintiva porta le mani alla bocca e morde unghie, cuticole e tessuti circostanti a volte fino a sfiorare l’autolesionismo.
Si, mentre sono qui a scrivere questo articolo sto mordicchiando le cuticole per il semplice fatto che non ho lo smalto e che tutto quello che leggo e scrivo sull’argomento mi riguarda in prima persona. L’onicofagia è, infatti, classificato come un disturbo del controllo degli impulsi che si manifesta durante l’infanzia e l’adolescenza e che in buona parte dei casi scompare con l’età adulta. Ma non è chiaramente questo il mio caso.
I sintomi di tale disturbo comportamentale variano in base alla fase del disturbo stesso: in una fase preliminare, l’onicofago tende a ispezionare maniacalmente le unghie con i polpastrelli per trovare imperfezioni da eliminare. In una fase avanzata del disturbo, invece, l’onicofago morde ciò che si trova all’estremità delle dita: lamine delle unghie, cuticole, tessuti molli che circondano la lamina.
Per quanto riguarda le cause dell’onicofagia, al di là della spiegazione freudiana, che vede in questa necessità di portare qualcosa alla bocca un richiamo al seno materno (che avrebbe lo stesso effetto calmante), il disturbo affonderebbe le proprie radici generalmente in stress, noia, ansia.
Il soggetto onicofagico, infatti, sente l’urgenza di scaricare la tensione accanendosi sulle proprie unghie. Eppure, il disturbo può essere anche espressione di atteggiamenti autolesonistici, o di un’aggressività repressa da un’eccessiva timidezza. Infine, l’onicofagia può essere per alcuni anche semplicemente un modo per gestire la noia, l’inattività, i momenti morti.
Le conseguenze dell’onicofagia sono molteplici e non sempre di lieve entità: il continuo mordersi le unghie può causare danni alle unghie stesse (onicomicosi, paronchia, patereccio), patologie dentali (lesioni gengivali, danni o usura degli incisivi e malocclusione dei denti anteriori) o infezioni orali dovute al passaggio di batteri provenienti da altre regioni del corpo e veicolati dalle mani stesse.
Quanto ai rimedi, nel caso in cui il disturbo non vada via con l’arrivo dell’età matura, ve ne suggeriamo qui qualcuno tra i più efficaci. L’utilizzo di uno smalto amaro, a base di denatonio benzoato, di solito è utile a scoraggiare l’onicofago dal mordere le unghie. L’utilizzo di un bendaggio o di guanti può essere una soluzione utile, soprattutto per tamponare attacchi momentanei ma particolarmente violenti di onicofagia.
La cosmesi e la cura della mani e delle unghie è spesso, paradossalmente, un deterrente per l’onicofago: tenere le unghie ben curate, renderle più attraenti con smalti o ricostruzioni incoraggia l’onicofago a tenere questa parte del copro preservata e riduce dunque il disturbo compulsivo.
Nei casi di onicofagia più severa, però, è chiaro che questi rimedi possono essere solo momentanei e palliativi. In questi casi infatti è necessario andare alla ricerca delle cause più profonde del disturbo e intervenire su di esse.
Nel caso in cui i rimedi proposti non vi convincano o non funzionino, posso sempre prestarvi quell’amica che all’università mi disse che una ragazza per bene ha sempre le mani curate. Non sarà il più progressista dei messaggi, non avrà sconfitto la mia onicofagia, ma vi posso assicurare che da allora le mie mani sono più accettabili e la ringraziamo per questo.
Valentina Siano
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