L’idea di Ememem: scansa il fosso e fanne un mosaico
Non si tratta di una nota marca di cioccolatini colorati mal scritta. Ememem è il nome con cui si firma, e si è fatto conoscere, un misterioso artista di origine francese.
A cosa si deve la sua fama? Scopriamolo subito.
Intervistato, Ememem racconta: «Un enorme buco mi aspettava tutte le mattine davanti al mio atelier. Un giorno decisi di occuparmi di lui». Lo fece, iniziando così l’avventura artistica che l’ha reso oggetto di considerazione e critica.
In un pomeriggio, preparò una composizione in scacchiera bianca e nera con colori pastello e la sera stessa cominciò a tappare il buco.
Era il 2016. Da allora, vedendo e rivedendo giorno dopo giorno il risultato ottenuto, decise di guardarsi intorno e continuare a farsi ispirare dalle voragini e dai fossi stradali.
Da quel momento non ha mai smesso, arrivando anche in Italia, a Genova, Torino e Firenze, e oggi mostra tutte le sue opere sulla pagina instagram.
Dove non arrivano la gestione comunale e l’amministrazione pubblica, c’è Ememem che, al posto del grigio cemento e di un po’ di calce, aggiunge qualche sfumatura di colore e molti, quasi impercettibili, tasselli di ceramica.
La tecnica è stata battezzata dallo stesso artista come flacking e consiste nella ripazione di “difetti” o “brutture” dell’intorno urbano, attraverso l’inserimento di ceramiche, mattonelle e maioliche, creando un mosaico colorato lì dove fino a poco prima c’erano crepe.
Il deterioramento dell’asfalto, lo sfregamento delle ruote e il logorio del manto stradale diventano così occasione, per Ememem, di curare ciò che il tempo usura. Da una parte, l’artista riempie il vuoto con il colore, dall’altra, ci invita a posare lo sguardo sulla necessità di cura e manutenzione e sulla trascuratezza di tante nostre città.
Il flacking è stato paragonto a una tecnica giapponese, il Kintsugi, che consiste nel riunire insieme i pezzi di un oggetto in ceramica rotto, utilizzando un metallo prezioso, come l’oro, per esaltarne le nervature.
Stando a quanto dichiarato dall’artista, il Kintsugi, però, non è stato la sua fonte di ispirazione, quanto piuttosto una constatazione postuma della somiglianza della tecnica scelta che, in entrambi i casi, parte da tasselli più o meno regolari di ceramica, per formare qualcosa di diverso, ma perfettamente completo, nella sua nuova forma.
Si tratta di un lavoro complesso che richiede molte ore. Prima di tutto, è necessario studiare dettagliatamente il punto in cui si creerà il mosaico. A questa fase di analisi iniziale, segue quella di ritaglio delle varie tesserine colorate. Dopo averle posizionate, inizia la fase di asciugatura, che dura alcune ore. Il tempo impiegato per la realizzazione di un’opera del genere è di solito quello di una notte.
L’effetto ottenuto non è più di semplice manutenzione, ma riesce a dare l’impressione che dal sottosuolo sia esplosa una forza tale da lacerare l’asfalto, rompendo non solo il manto stradale, ma anche la monotonia e il grigiore urbano.
La necessitá di lavorare durante le ore notturne e di mantenere la propria identità segreta, si deve anche al fatto che questo tipo di “azioni” viene considerato dalla legge come un qualsiasi atto di vandalismo, come i murales non autorizzati.
In entrambi i casi, infatti, si tratta di interventi che modificano la proprietà altrui, edificio, ponte o strada che sia, e perciò è difficile possano trovare approvazione a livello normativo. Il valore artistico che può essere piú o meno riconosciuto all’opera dipende dal singolo.
In ogni caso, dove gli altri vedono solamente una buca, una piccola voragine o una crepa, Ememem vede una possibilità di espressione e, come lui stesso ha scritto «una porta per il Paese delle meraviglie». Concordiamo?
Stefania Malerba