Eleonora Duse: la donna che amò davvero D’Annunzio
Gabriele D’Annunzio non ha bisogno di presentazioni. Il Vate ha lasciato un segno indelebile nella storia italiana, e non solo in quella letteraria.
Poeta, soldato, attore, aviatore, scrittore sono solo alcune delle maschere che quest’uomo indossò nel corso della sua vita, una vitta tutta dedicata al lusso più sfrenato, ben al di sopra delle sue possibilità.
Afflitto cronicamente da debiti, questo celeberrimo seduttore ammaliò una dopo l’altra tantissime donne per poi dilapidarne sistematicamente l’intero patrimonio.
Ma non parliamo di figure opache o succubi alle facili lusinghe.
Molte di loro amarono davvero quell’uomo così crudele in maniera tormentata eppure così dolce e appassionata.
La più famosa di tutte è stata Eleonora Duse.
Riassumere tutti gli amori del Vate sarebbe a dir poco impossibile.
Nella sua lunga vita piena di avventure, scandali e tradimenti, D’Annunzio affascinò e abbandonò un numero incalcolabile di donne, molte delle quali rimangono tutt’oggi segrete.
Eppure troppo spesso le cronache si sono soffermate unicamente sulla grande ispirazione che queste straordinarie figure suscitavano in D’Annunzio, privandole di ogni altra identità che non fosse quella di “amanti abbandonate.”
Oggi vorremmo tratteggiare meglio la figura di una donna in particolare che dissipò ogni loro energia per quell’amore così velenoso e celestiale al tempo stesso: Eleonora Duse.
Eleonora Duse era nota all’epoca anche molto prima della sua tormentata relazione: ella fu infatti celebrata più volte come “la più grande attrice della sua epoca” e a volte del mondo intero.
Fuor di esagerazione è vero che questa talentuosa attrice rivoluzionò le tecniche recitative del teatro Ottocentesco: lì dove persistevano trucchi eccessivi e gesti troppo caricaturali, la Duse conquistò critica e pubblico con la sua prodigiosa istintività.
Improvvisazione, pianti e monologhi di ispirazione travolgente: alla base del successo di questa grande donna c’era una sensibilità fuori dal comune.
Eppure fu prorpio quella sensibilità, quella passione vera e perciò così dolorosamente autentica per il teatro fu la sua condanna.
Infatti dopo aver incontrato D’Annunzio fu proprio la Duse, folle d’amore, a renderlo famoso oltreoceano, partecipando ai suoi drammi in prima persona, prodigandosi interamente per lui.
Non solo col sentimento, ma anche col sostegno economico, ovviamente.
Difatti sebbene fosse un grande scrittore D’Annunzio non era ancora un affermato drammaturgo e la grande attrice fu costretta a sovvenziare personalmente le opere del Vate.
I debiti iniziarono a fioccare sempre più, mentre il comportamento del suo amato diveniva sempre meno galante.
Benchè egli si fosse trasferito nel 1898 alla villa della Capponcina, a pochi passi da quella della diva, la loro relazione continuò fra smacchi e dolori molto forti, come la pubblicazione del romanzo Fuoco.
In questo suo romanzo D’Annunzio descriveva in maniera poco velata le sue passioni intime con la donna e ne metteva in risalto addirittura i difetti fisici.
Eppure la diva Eleonora acconsentì a tutto, ma non quando il crudele poeta la colpì nel suo orgoglio.
Infatti nel 1904, alle prime della tragedia “La figlia di Iorio”, la Duse si ammalò e non potè partecipare come protagonista. Ma fu prontamente sostituita da D’Annunzio che non solo non andò a trovarla durante la convalescenza, ma scritturò per l’opera un’altra attrice, Irma Gramatica.
Era troppo. Troppi anni di crudeltà, di maldicenze, debiti e irriconoscenza: Eleonora Duse chiuse i rapporti con il poeta per non riprenderli mai più fino alla fine della sua vita.
Chiuso questo capitolo la donna viaggiò molto, si immerse nel lavoro teatrale e dopo la Grande Guerra aiutò anche le famiglie di molti caduti nel conflitto.
Morì il 21 aprile del 1924, dopo essersi esibita in America.
Quando seppe della sua morte D’Annunzio disse che “era morta quella che non meritai” e si prodigò ad erigere ricordi dell’amata nel suo Vittoriale.
Se ci fosse anche solo un’oncia di verità in quelle parole non potremo mai saperlo, ma di sicuro risuonano ancora di tutt’altra, drammatica intensità le parole che si son trovate nel diario personale di Eleonora Duse:
“Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto perché ho amato.”
Gabriel Santomartino
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