Cop15: accordo storico a Montreal
Uno storico accordo si è raggiunto a Montreal.
La Cop15, la conferenza delle Nazioni Unite svoltasi in Canada dal 7 al 19 dicembre, si è conclusa con un concreto risultato approvato dalla maggioranza dei quasi 200 paesi.
L’accordo prevede di portare entro il 2030 al 30% le aree protette marine e terrestri ed il riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni. Attualmente le zone terrestri protette sono il 17 % e solo l’8 % quelle marine.
Tema dell’incontro era la perdita della biodiversità e il riconoscimento della sua importanza.
“ La biodiversità, la diversità all’interno delle specie, tra le specie e degli ecosistemi, sta diminuendo più velocemente che in qualsiasi momento della storia umana”, questo è un passo del documento finale ratificato dalla commissione.
La biodiversità è essenziale per il funzionamento del nostro ecosistema. Secondo i dati forniti dagli scienziati dell’Ipbes si stima che il 25% delle specie animali e vegetali sia in pericolo e che 1 milione siano le specie a rischio estinzione nei prossimi anni, se non interveniamo con misure adeguate subito.
Le attività umane sono la causa della distruzione del nostro mondo ed è su queste che occorre trovare delle soluzioni affinché azioni dannose vengano eliminate e sostituite con altre sostenibili.
Alla Cop15 si è chiarito come l’agricoltura intensiva sia tra le cause della distruzione della biodiversità poiché altamente inquinante a causa dell’uso di pesticidi e sostanze chimiche, ma anche gli allevamenti intensivi con l’alta emissione di CO2, tutto ciò incide in modo negativo sulla nostra biosfera, distruggendola.
Non solo ma anche la deforestazione che da anni sta avvenendo nelle grandi foreste, essenziali per la vita sulla terra, in quanto svolgono il ruolo di regolatori della produzione di ossigeno e dell’assorbimento dell’anidride carbonica, provoca un impatto ambientale devastante, che se non fermato, sarà impossibile da risanare.
Alcuni paesi dell’Africa e del Sud America, in particolare la Repubblica democratica del Congo, Camerun e Uganda hanno contestato l’accordo poiché manca un fondo destinato ai paesi in via di sviluppo.
I fondi stanziati ammontano a 25 miliardi all’anno fino al 2025 e 30 miliardi all’anno al 2030. Ma questi fondi sono stati considerati insufficienti. Le nazioni con economie più povere chiedono la creazione di un’ulteriore fondo destinato alla biodiversità, oltre a quello già esistente, il Global environment facility (Gef) delle Nazioni Unite.
Inoltre si è poi richiesto l’impegno degli Stati per ridurre di 500 miliardi i finanziamenti a tutte quelle attività considerate dannose per l’ambiente entro il 2030.
L’obiettivo ambizioso, raccogliere 200 miliardi di dollari l’anno, desta però molte incertezze su come questi ingenti fondi verranno distribuiti e a chi verranno poi affidati.
23 sono stati i punti fissati nell’accordo.
I paesi dovranno presentare dei progetti affinché si operi concretamente per preservare la biodiversità e dimostrare la loro attuazione. Secondo l’accordo infatti questo avverrà : “ Attraverso reti di aree protette ecologicamente rappresentative, ben collegate e gestite in modo equo» e «garantendo che qualsiasi uso sostenibile sia pienamente compatibile con gli obiettivi di conservazione».
La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha dichiarato: “ Accolgo con favore il risultato storico della Cop15. Fornisce una buona base per un’azione globale sulla biodiversità, integrando l’accordo di Parigi per il clima (…) più della metà del Pil globale dipende dai servizi ecosistemici. La comunità globale ha ora una tabella di marcia per proteggere e ripristinare la natura e utilizzarla in modo sostenibile, per le generazioni attuali e future. E investire nella natura significa anche combattere il cambiamento climatico”.
Beatrice Gargiulo
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