Educazione sessuale in Italia, un tabù duro a morire
L’educazione sessuale in Italia non è una materia obbligatoria e non vi è nessuna legge nazionale che la potrà rendere tale, un giorno, perché puntualmente i progetti di legge non vengono approvati.
Assieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania, l’Italia è tra i pochissimi paesi dell’Unione Europea in cui l’educazione sessuale non è materia obbligatoria.
Dal momento in cui nel nostro paese manca una legge nazionale, le scuole, qualora volessero trattarne, affidano il corso di educazione sessuale ad un insegnante che approfondisce questa materia per poche ore al mese e, generalmente, solo dal punto di vista biologico, ignorando gli aspetti psicologici, emotivi e sociali della sessualità.
Le mistificazioni ideologiche dovrebbero essere lasciate perdere, ma purtroppo non è così. L’educazione sessuale diventa l’espressione ideologica, favorevole o contraria alla materia, del dirigente scolastico.
Eppure, il tema dell’approvare un piano nazionale a riguardo è ormai decennale. Il primo progetto di legge risale al 1967, ma in totale ne sono ben sedici, l’ultimo risalente al maggio 2021, avanzato dalla parlamentare Stefania Ascari del Movimento 5 Stelle.
L’ipocrisia delle istituzioni, dei genitori e della Chiesa proibisce agli studenti e alle studentesse sinceramente interessati a conoscere un tema così importante. Negli anni Ottanta, con un nuovo disegno di legge firmato da Tina Anselmi (Democrazia Cristiana), emerse che i giovani fossero disorientati, non solo dal punto di vista sessuale, ma anche sociale, perché la mancata educazione sessuale investe più piani della persona.
Negli anni Novanta comincia a palesarsi uno dei motivi per cui l’educazione sessuale non riesce ad inserirsi nelle scuole. Un nuovo disegno di legge, avanzato nel 1991, propone di inserire la materia quantomeno nelle ore di biologia. La Chiesa si oppose, ricordando il Concordato del 1984, accordo politico tra Chiesa e Stato, il quale stabilisce che il Ministero della pubblica istruzione non può non considerare le opinioni della Chiesa.
L’Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica rivela che vi sono altre motivazioni ancora che spingono l’educazione sessuale al dimenticatoio: la convinzione che parlare apertamente di educazione sessuale ai ragazzi li spinga a fare sesso, e l’idea che esso sia legato ad una sfera troppo intima, da relegare ai genitori.
Spesso, invece, gli adulti sono restii a parlarne, complice l’imbarazzo. E, da un’indagine condotta da Telefono Azzurro e Doxa Kids su 600 ragazzi, tra i 12 e i 18 anni, è emerso che la metà degli intervistati guardava video pornografici. È confermato anche dalla Polizia Postale che i giovani siano attratti dal sesso già precocemente, e che il porno sia uno dei modi per “studiarlo”: il 99% delle volte, i giovani approdano su siti pornografici.
Ma il porno non è la realtà. Non mancano, poi, vere e proprie categorie legate al sesso violento, o addirittura video di stupri. La pornografia non è pedagogica, e va utilizzata non solo con cautela, ma andrebbero istruiti i giovani a fruirne nel modo corretto.
Far finta che il sesso sia una “cosa per adulti”, mettere la “polvere sotto il tappeto” non argina nulla, al contrario. Anche se in media il primo rapporto sessuale avviene tra i 16 e i 18 anni, gli Istituti di Statistica e l’Istituto Superiore di Sanità hanno appurato che vi è un 6,7% che ha il primo rapporto sessuale a 14 anni o anche di meno.
La mancata consapevolezza sessuale (sotto ogni punto di vista) conduce non solo i giovani e giovanissimi ad informarsi mediante il porno, ma anche al passaparola tra amici, ad informarsi in base alle esperienze altrui. Per non parlare della contraccezione: secondo l’Osservatorio Nazionale Adolescenza, solo il 14% degli adolescenti usa protezioni, e i rischi sono non gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili, con tutte le dovute conseguenze.
Ignorare che gli adolescenti facciano sesso non eliminerà il problema della disinformazione. Quest’ultima fa intraprendere solo strade sbagliate: malattie sessualmente trasmissibili, violenza, comportamenti lesivi, gravidanze indesiderate.
Non è più possibile lasciare le scuole più progressiste e gli adolescenti da soli, in balìa di uno stato omertoso. Il risultato è un’Italia scolastica a macchia di leopardo, con scuole che adottano programmi di educazione sessuale (e, a volte, affettiva), con la conseguenza di alunni finalmente informati, ed altre che lasciano i ragazzi alla scoperta del sesso in maniera del tutto autonoma, allo sbaraglio.
Gli adolescenti fanno sesso comunque, tanto vale che se ne parli, comportandosi da adulti liberi da ideologie troppo antiche e obsolete. Ricordiamo anche che l’Organizzazione mondiale della sanità ha rilasciato le linee guida per l’educazione sessuale da adottare per tutti i Paesi occidentali nell’ormai lontano 2010. Italia, è arrivato il tuo momento, che dici?
Aurora Scarnera
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